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mercoledì 11 maggio 2011

Stati Uniti (California, Nevada, Arizona, Utah)


Visualizzazione ingrandita della mappa

Aprile – Maggio 2008

Dopo esserci procurati cartine e brochure molto interessanti degli stati che attraverseremo tramite i siti del turismo:
abbiamo acquistato a questo link http://www.utah.com/maps/ l’utilissima National Parks Map (costa 9,95 usd), che include il sud Utah, il nord Arizona, l’east Nevada e l’ovest Colorado. Include le strade panoramiche e i punti di interesse di 8 Parchi Nazionali: Grand Canyon, Zion, Bryce Canyon, Arches, Canyonlands, Capitol Reef, Mesa Verde, e Great Basin e le cartine dei singoli parchi.
Giorno 1 e 2
Voliamo su San Francisco con KLM/Delta su un aeromobile piuttosto vecchio. A San Francisco pernottiamo al Grant hotel in Bush Street, a due passi da Union Square http://www.granthotel.net/.
I prezzi sono decisamente bassi per San Francisco e noi risparmiamo ulteriormente dormendo in una camera che è considerata singola, con un queen size bed, più piccolo del letto di una doppia normale, ma comunque comodo.  Quasi tutti gli hotel e motel hanno questo tipo di stanze anche se non vengono sempre proposte alla reception per una coppia, ma basta chiedere.
La colazione è continentale, consiste cioè in caffè americano e ciambelle, meglio di altri motel dove soggiorneremo durante il viaggio. Almeno qui ci sono dei tavolini per consumare la colazione seduti.
San Francisco è molto bella e la giriamo a piedi nonostante le ripide salite.

Meritano una visita Union Square, il Fisherman's Wharf (Pier 39 e Ghirardelli Square), dove assaggiare le specialità locali: il granchio (gigante) e la clam chowder nel pane (gigante), Telegraph Hill, la cui sommità si raggiunge attraverso più di 400 scalini, da cui si gode una bella vista della città, Lombard Street, in particolare il tratto di Russian Hill, definito la strada più tortuosa del mondo.

 

 

Chinatown è meno interessante di come viene descritta in molte guide, ma è comunque pittoresca e la zona circostante è molto bella. Consigliata una passeggiata su Columbus Avenue nel quartiere italiano, dove si trova il City Lights Bookstore, il negozio di libri indipendente fondato da Lawrence Ferlinghetti, editore di alcune opere della Beat Generation.

Il tempo a SF cambia in modo repentino e in mezz’ora la temperatura passa da 30 a 15 gradi. Ci ritroviamo congelati  in canottiera a bermuda e ci becchiamo una bronchite storica. Impariamo che a SF bisogna vestirsi a strati e, dovendo scegliere, meglio un capo pesante di uno leggero.

Ritiriamo l’auto noleggiata tramite www.autoeurope.it in centro a San Francisco. La fortuna vuole che la sede dell’autonoleggio Alamo si trovi in Bush Street di fronte al nostro hotel. Il costo del noleggio è tra i più bassi di sempre, 390 euro (è il 2008 ed il cambio è favorevole, ma è comunque pochissimo) e in mancanza di un’auto economica, cioè piccola (come spesso accade da queste parti), ci affidano una Chevrolet Impala con 3000 di cilindrata, che è molto comoda, ma inciderà negativamente sul consumo di benzina.

All’autonoleggio cerchiamo e troviamo i giornalini contenenti i buoni sconto per i motel. Prendeteli ovunque li troviate. Di solito sono relativi alla zona in cui siete. Sono utilissimi perché prevedono sconti anche molto alti in situazioni particolari, ad esempio in determinati giorni della settimana o solo per i clienti che si presentano senza prenotazione.

Uscire dalla città è incredibilmente semplice. Le strade sono tutte parallele ed il traffico è tranquillo (almeno alle 12 a.m.).

Giorno 3

Ci dirigiamo verso il Nevada e dopo 6 ore di strada alquanto noiosa ci fermiamo a dormire a Mojave, un paese costituito da motel, distributori di benzina e una base militare. Ci fermiamo al Motel 6 http://www.motel6.com/ che tra le catene di motel degli Stati Uniti è tra le più economiche. Per mangiare è aperto solo il Mac Donald dove mangiamo, chiacchierando con un militare romano sconvolto alla vista di due italiani in quel luogo assurdo.

Giorno 4

Da qui partiamo alla volta dello Zion National Park. Attraversiamo il Nevada con una sola sosta per cibarsi oltre Las Vegas. La località più vicina e più comoda per visitare il parco è Springdale, un paese carino, che ha tutte le caratteristiche delle località da cui partono le escursioni: motel (con prezzi piuttosto alti), ristoranti e negozietti ed una strada principale sui cui marciapiedi passeggiano nel tardo pomeriggio i visitatori, ostentando quella baldanzosa stanchezza da giornata intensa passata tra scarponi, zaini e borracce e cuffie di pile armadukiane. Il paese è posizionato magnificamente ed offre aperture visionarie sulle pittoresche alture circostanti.

 

 

C’è uno shuttle che trasporta i visitatori all’interno del parco e si ferma in alcuni punti strategici. Si può prendere al visitor centre del parco oppure  direttamente a Springdale ad una delle fermate previste http://www.nps.gov/zion/planyourvisit/shuttle-system.htm. E’ consigliabile scegliere questa seconda opzione nei periodi di alta stagione, quando il parcheggio del parco si riempie facilmente.

All’ingresso del parco acquistiamo il National Parks Pass, costa 80 usd, ha durata di un anno a partire dalla data di acquisto e consente l’accesso a tutti i parchi nazionali e ai siti ricreativi federali a un veicolo non commerciale, al guidatore e ad altri 3 adulti (al di sotto dei 16 anni l’ingresso è libero. E’ acquistabile in qualsiasi parco oppure online al link http://usparks.about.com/gi/o.htm?zi=1/XJ&zTi=1&sdn=usparks&cdn=travel&tm=40&f=00&tt=11&bt=1&bts=1&zu=http%3A//store.usgs.gov/pass.

E’ vantaggioso se si ha intenzione di visitare qualche parco. Non consente però l’accesso ai parchi privati.

E’ possibile pernottare all’interno del parco presso lo Zion Lodge http://www.zionlodge.com/, che contiene
anche un caffè e un ristorante con stupenda vista.

 

 

Giorno 5

A circa 20 minuti da Springdale, lungo la Highway 9 (Zion-Mt. Carmel Highway), dopo una galleria si incontra il parcheggio del Checkerboard Mesa viewpoint, una montagna segnata naturalmente da linee orizzontali e verticali di vari colori. Da qui parte una stupenda camminata, breve, ma leggermente impegnativa.

 

 

Raggiungiamo Hatch, il paese più vicino al Bryce Canyon NP, dove facciamo tappa per la notte. Ceniamo al Cafe Adobe sulla strada principale, consigliato.
Giorno 6
In 40 minuti di auto arriviamo al Bryce Canyon NP http://www.nps.gov/brca/index.htm. Il parco è visitabile in auto e ci sono molti lookout che consentono di ammirare le strane formazioni rocciose rosa chiamate hoodoos, che caratterizzano il parco. E’ la fine di aprile e sui pinnacoli c’è la neve ed anche nei punti d’ombra in cui il suo sole fatica ad elargire il suo calore. La temperatura è piuttosto bassa, mentre è molto alta la tentazione di fermarsi su una roccia ad ammirare questo spettacolo della natura, che la neve contribuisce a rendere ancora più poetico. Molti viaggiatori non si limitano ad osservare dai point of view, ma decidono di intraprendere i camminamenti che si articolano tra le guglie di roccia tentando di armonizzare completamente la loro presenza d una natura avvolgente e prodigiosa.


Ci spostiamo quindi lungo la  UT 22-N, che costeggia il Grand Staircase Escalante National Monument http://www.blm.gov/ut/st/en/fo/grand_staircase-escalante.html.

 

 

Giorno 7

Dormiamo a Torrey, un piccolo villaggio con un paio di posti per dormire e mangiare. Mangiamo al Cafè Diablo e dormiamo al Days Inn, dopo aver contrattato il prezzo. E’ molto facile infatti avere sconti se ci si presenta  dopo le 5 di pomeriggio. Anche al Capitol Reef http://www.nps.gov/care/index.htm ci sono pochi visitatori e le formazioni rocciose sono meno articolate e raffinate di altri parchi, ma di grande impatto visivo, soprattutto per i colori molto intensi, dai rossi mattone ai viola melanzana Al visitor centre ritiriamo la cartina relativa allo scenic drive di 90 minuti, che contiene le spiegazioni relative alle 11 fermate ben indicate lungo la strada.

 

 

Giorni 8-9-10

Per visitare l’Arches NP e Canyonlands il punto di partenza migliore è Moab, paese dedito al turismo, ricco di attività ricreative per tutti i gusti, posizionato in una splendida cornice naturale. Qui i week end di aprile sono da considerare altissima stagione. Arriviamo al venerdì e fatichiamo a trovare una camera libera ad un prezzo non stratosferico. Ceniamo in una microbrewery e decidiamo che è meglio acquistare il cibo al supermercato e cenare in camera nei giorni successivi.

L’Arches NP http://www.nps.gov/arch/index.htm si trova a sole 5 miglia a nord di Moab sulla strada 191 e c’è molta gente, ma la visita è obbligatoria perché è oggettivamente uno dei più belli: l’azione del vento e della sabbia nel corso dei secoli ha modellato le rocce con pazienza certosina e abilità brunellesca, lasciando l’osservatore con l’espressione ebete sul viso che si ha solo di fronte alle opere d’arte. Anche alcuni registi hanno adoperato questi scenari per dare mistero ad alcune inquadrature (e bella fatica!). Il delicate arch poi, nel suo isolamento silenzioso, sembra uscito da una poesia di William Blake o da una canzone di Tom Waits.

 

 

Visitiamo il Canyonlands NP http://www.nps.gov/cany/index.htm sempre da Moab. E’ più selvaggio degli altri parchi ed è il più vasto parco dello Utah. E’ suddiviso in tre settori: Island in the sky, il più facilmente raggiungibile con delle piacevole camminate anche per i non esperti, Needles sulla strada 211, 40 miglia a sud di Moab ed Maze, il più selvaggio e remoto, visitabile solo cono un veicolo 4x4. Ci limitiamo alla visita del primo settore, anche perché siamo malati a causa del clima ballerino di San Francisco.

 

 

Facciamo anche un giro in auto lungo il Colorado river, che passa per Moab, è molto piacevole e gratuito.

Giorno 11

Visitiamo il Natural Bridges National Monument http://www.nps.gov/nabr/index.htm, il parco più vecchio dello Utah. E’ piccolo ma carino con un canyon di roccia bianca  e nera e tre archi facilmente accessibili. Siamo contenti anche perché siamo in pochi.

 

 

A circa due ore da Moab lungo la HWY 191 raggiungiamo Blanding, un paese desolato con i classici cespugli di paglia rotolanti che si vedono in tutti i film western.  Ceniamo bene alla Homestead Steak House.

Giorno 12

Da Blanding si raggiunge la Monument Valley in 1 ora e 40 lungo la HWY 163. E’ fondamentale fare una deviazione  alla Valley of Gods, una splendida valle di formazioni rocciose che assumono tutte le sfumature di rosso. Non vi è quasi presenza umana, perché i turisti hanno fretta di raggiungere la ben più pubblicizzata Monument Valley, ma lo spettacolo è altrettanto impressionante. Forse mancano i grandi monoliti solitari, ma vi è un’alternanza di formazioni tale da accontentare qualsiasi estimatore della varietà di forme attraverso cui
la vita ci regala la bellezza. Regalare è il verbo più adatto perché qui si va gratis.

 

 

La Monument Valley http://www.navajonationparks.org/htm/monumentvalley.htm non fa parte dei parchi nazionali, ma è un parco Navajo. Il nostro pass è inutile e dobbiamo pagare l’ingresso di 5usd a testa. Ci consegnano l’opuscolo della scenic drive di 17 miglia che consente di vedere le formazioni rocciose più belle del parco, viste in centinaia di film western. Sembra di essere sul set di un film di John Ford e le occasioni da foto si sprecano, ma se per alcuni altri paesaggi, che ormai sono stati proposti da mille prospettive d’osservazione, analizzati nei documentari, mercificati nei volantini pubblicitari, memorizzati dai reportage di viaggio e poeticizzati da scrittori e cineoperatori, la diretta contaminazione d’occhi e sensi può essere deludente (un po’ come accade a noi al Grand Canyon), alla Monument Valley si può solo tacere e lasciare che l’ ”Elefante” barrisca per noi tutto il suo entusiasmo, o che le “tre sorelle” abbiano come cognome Bronte per raccontarci, come solo loro sanno fare, della terra che le ha partorite, lasciandole appese ad un cielo di velluto, che il “totem” possa ancora una volta farci vergognare per la distruzione di tutte le culture del mondo colonizzato dall’uomo bianco e che “il pollice” sia l’autostoppistica simbolica richiesta di portare a casa con noi il ricordo di queste immagini parlanti.


Dormiamo a Kayenta, a soli 30 minuti di auto dalla Monument Valley.

Giorno 13

Ci dirigiamo a Page, punto di partenza per visitare l’Antilope Canyon, che dista solo 20 minuti in auto. In paese ci sono moltissimi motel con prezzi bassi. Le agenzie che organizzano gite al canyon si sprecano. E’ conveniente utilizzare i loro servizi se non si ha un mezzo proprio. Tra l’altro utilizzano tutte dei mezzi aperti e se la giornata non è delle migliori si può avere parecchio freddo. Noi preferiamo andare direttamente al parco ed acquistare il biglietto d’ingresso (con tour e guida inclusi perché non si può fare altrimenti, cioè non si può entrare da soli nel parco ne in auto ne a piedi). E’ piuttosto caro, costa 25 UDS a testa, ma li vale tutti per l’unicità del paesaggio e le possibilità per fare foto pazzesche. E’ un piccolo canyon scavato nella roccia (una piccola spaccatura, proprio come si vede nella foto, larga un corridoio), dove il vento e la sabbia da esso trasportata hanno creato quell'effetto meraviglioso di levigatura della pietra, per cui si ottengono degli effetti di luce surreali, con il sole che filtra dall'alto e la sabbia che piove in continuazione negli occhi di chi tenta di prendere quelle splendide inquadrature; è un posto fuori di testa e le foto sembrano ritoccate, sembra che ci si possa girare qualche scena di un film psichedelico o di qualche video musicale di un gruppo tipo i porcupine tree. Il canyon non è molto lungo, lo si percorre tutto a piedi in poco tempo, ma la bellezza sta nel fermarsi ad ogni rientranza ad osservare e a scattare fotografie.

Bisogna farsi accompagnare da un navajo con la jeep 4x4 perchè è una loro riserva e la strada che ci arriva è molto sabbiosa.

 

 

Giorno 14-15-16

Poco dopo Page, lungo la HWY 89 ci fermiamo all’Horshoe Bend, poco segnalato. Si lascia l’auto nel parcheggio sulla strada e con una camminata di 20 minuti si arriva in cima a un canyon con una vista pazzesca, nel senso di stupenda.

 

 

La prossima tappa è il Grand Canyon. Ci illudiamo di poterci fermare a dormire prima di arrivare all’ingresso del parco, ma ci sono solo due motel, uno, indicato dalla Lonely Planet, è pieno e l’altro è talmente squallido che nonostante siamo distrutti decidiamo di proseguire fino a Flagstaff.

La cittadina è carina ed è il punto di partenza ideale per la visita al Grand Canyon. Dormiamo in un Days Inn dove ci fermeremo per 3 notti e ceniamo (per 3 sere consecutive) al Galaxy Diners, che non è niente male rispetto agli standard degli stati uniti e soprattutto servono un ottimo Big Kahuna Burger. Il locale in effetti ricorda quello in cui Samuel L. Jackson si fa restituire il suo “bad mother fucker wallet”.

Il Grand Canyon  http://www.nps.gov/grca/index.htm dista solo 1 ora e 30 in auto e la strada per raggiungere il South Rim, la parte più conosciuta e quella che anche noi visitiamo (il North Rim solo dalla metà di maggio fino a novembre), è piacevole. Per visitare il South Rim è possibile utilizzare lo shuttle gratuito che effettua

il trasporto tra il visitor center e i punti panoramici. Si può salire e scendere in qualsiasi momento e decidere quindi di camminare solo per una parte del sentiero panoramico.

Arrivando in auto la prima vista del Canyon è quella da Mather Point. E’ indimenticabile, ma ci sono molti altri viewpoint sul percorso di 42 km che dal Grand Canyon Village conduce a Desert View. Lo percorriamo nel primo pomeriggio all’andata e al tramonto al ritorno. E’ questo il momento migliore della giornata per fotografare il canyon grazie alla posizione strategica delle ombre sulle rocce.


Il giorno successivo decidiamo di visitare Sedona, una cittadina pittoresca a 50 km da Flagstaff. All’apparenza sembra un po’ fasulla, ma è caratteristica e merita una visita soprattutto per l’ambientazione naturalistica, circondata com’è da monoliti di rocce rosse.


Sconfiniamo in California e troviamo un’ottima sistemazione per la notte al Confort Inn and Suites di Blythe (http://www.comfortsuites.com/hotel-blythe-california-CAC20), l’ennesimo paese all’avanguardia nell’ambito della desolazione.
Giorno 17
Andiamo al Joshua Tree http://www.nps.gov/jotr/index.htm, una piacevole sorpresa, con delle ottime camminate e migliaia di occasioni per scattare delle foto, alcune di una bellezza straziante, tanto che anche Bono e C. dovettero chiamare così il loro album (che aveva già un altro titolo) dopo aver visto l’immagine poi ritratta sulla copertina.


Giorno 18
Abbiamo la malaugurata idea di visitare Palm Springs. L’arrivo è suggestivo in quanto si tratta di una specie di città oasi in mezzo al deserto. La città non ha niente di bello ed è molto cara.
 Passiamo la giornata alla piscina riscaldata del motel.
Giorno 19
Ritorniamo in Nevada con strada alternativa (che passa nel deserto del Mojave) alla solita battuta da tutti e
quindi un po’ più varia e dormiamo a Las Vegas. Gli hotel in città sono tantissimi e c’è la possibilità di trovare ottime offerte, soprattutto durante la settimana http://www.lasvegashotel.com/. E’ meglio prenotare in anticipo
anche perché il traffico sulla Strip è caotico ed è difficile fermarsi a chiedere informazioni alle reception degli hotel senza essere assaliti dai parcheggiatori.
La situazione ci stressa e finiamo a dormire al Confort Inn, in una via leggermente esterna e vicino all’Hard Rock Cafe, dove si può vedere di tutto, dalla moto di Nikki Six alla chitarra di Layne Staley.


Giorno 20
Lasciamo il Nevada per l’ultima volta e ci dirigiamo verso la Death Valley http://www.nps.gov/deva/index.htm. Qui non c’è altro che la magnificenza del sogno perché il luogo ha veramente qualcosa di magico, nella tenerezza aspra dei paesaggi e nel movimento dell’aria, calda come la folata di un forno che si apre in faccia ai coraggiosi ciclisti che la percorrono pedalando.


Dormiamo al Best Western di Lone Pine, un grazioso paesino con qualche ristorante caratteristico in stile saloon. E’ un piacere dopo i luoghi desolati del Nevada.
Giorno 21
Tentiamo di visitare il Sequoia NP, ma desistiamo dopo pochi chilometri. C’è la neve, la nebbia e la strada sembra pericolosa e non si vede nulla.
Ci dirigiamo quindi verso la costa e troviamo una stanza al travelodge http://www.travelodge.com/Travelodge/control/home di San Luis Obispo. Ceniamo abbastanza bene da Buona Tavola http://www.btslo.com/slo.html, un ristorante semitaliano in cui i clienti, dopo avere fatto la coda all’ingresso, si siedono per qualche minuto, piluccano qualcosa e poi chiamano la cameriera per farsi preparare la doggy bag. Che preferiscano avere qualcosa da mangiare a casa nelle loro enormi cucine (inutilizzate)??

Giorno 22
Percorriamo la Strada statale numero 1, con viste magnifiche sull’oceano pacifico e visitiamo Carmel, una specie di confetteria in cui i vecchi hippies si sono trasformati abilmente in artisti o in mercanti d’arte. Il paese è gradevole, ben collocato nei pressi di una spiaggia bianca, su un oceano un po’ inquietante.
Raggiungiamo Monterey, dove ceniamo da Bubba Gum alla Cannery Row, un tempo zona industriale, resa
famosa dall’omonimo romanzo di John Steinbeck, oggi trasformata in area di svago, ricca di ristoranti, locali e negozi. La notte è movimentata. Veniamo svegliati da un boato e vediamo una macchina in fiamme davanti alla nostra finestra nel parcheggio del motel. Arrivano pompieri e polizia. Capiamo che è stata incendiata volontariamente, ma nessuno ha visto niente…


Giorno 23
Prima di rientrare in Italia, per riacquistare gradualmente la familiarità con le nostre abitudini, facciamo visita ai nostri amici che vivono a Berkeley. Facciamo un giro nella storica università e cittadina e rafforziamo la nostra tesi sulla contraddittorietà di questo paese, scoprendo l’esigua distanza tra la pacifica ed intellettuale Berkeley ed altre località notoriamente violente come Oakland, dove il tasso di mortalità per armi da fuoco è simile a quello della seconda guerra mondiale.

Si torna da questo viaggio con il bagaglio pieno di immagini incredibili di una natura prodigiosa e talmente sorprendente da essere così a portata di mano eppure così rispettata nel suo sconfinato splendore. Come nell’immaginario collettivo ci si aspetta dall’Africa deserto e povertà e poi si scoprono cascate e ricchezza smodata, così dagli USA ci si attende industrializzazione ed urbanizzazione e poi si trovano deserti, montagne incontaminate, pianure sconfinate e parchi stupefacenti, in cui ogni cosa sembra trovare da sola il proprio scopo, compresa l’anima del viaggiatore.

1 commento:

  1. complimenti per il racconto di viaggio: è molto dettagliato, ben scritto ed argomentato con fotografie spettacolari. Rick'n'Roll

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