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mercoledì 27 luglio 2011

Cicladi: Milos, Sifnos e Serifos

Giugno-Luglio 2006

Non è possibile trovare un volo di andata e ritorno da Milano a Milos evitando un pernottamento ad Atene.
Esiste un volo Olympic Airways www.olympicair.com con scalo ad Atene ed arrivo in giornata a Milos per il viaggio d’andata, ma, al ritorno, non vi è alcuna combinazione di voli che consenta di raggiungere Milano in giornata.
Le alternative sono due: rientrare al Pireo con traghetto e da qui andare direttamente in aeroporto ad Atene con un bus oppure arrivare ad Atene in aereo con volo Olympic Airways e ripartire la mattina seguente per Milano con un altro volo. Scegliamo la seconda opzione.
Partiamo a fine giugno con volo Easyjet www.easyjet.it da Malpensa ad Atene e qui prendiamo un volo interno della Olympic Airways per Milos della durata di 45 minuti.
Dall’aeroporto di Milos non ci sono mezzi pubblici ed è necessario prendere un taxi, che costa una tariffa fissa di 5 euro + un euro circa per ogni bagaglio.
Abbiamo prenotato uno studio nuovo e molto carino trovato tramite il sito http://www.milostravel.com/livanios.asp e ci siamo accordati tramite email (mlivaniu@hol.gr) con la proprietaria. Paghiamo 33 euro a notte dal 24 al 29 giugno. All’arrivo le chiediamo se è possibile prenotare l’appartamento anche per l’ultima notte della nostra vacanza, ma a quanto pare il 7 luglio è già alta stagione ed il costo raddoppia. Non fa niente. Troveremo una soluzione al ritorno.
Gli Studios Livanios si trovano in centro ad Adamas (il paese principale dell’isola, dove si trova il porto), sulla strada per Plaka. Per raggiungerli dal porto, in meno di 10 minuti, è necessario seguire la strada sul mare, stando sulla sinistra e all’altezza di Agrotiki Bank seguire la strada centrale per Plaka sulla quale dopo 100 metri sulla sinistra si vede il cartello.
Il paese non è particolarmente caratteristico, ma ci sono ottimi ristoranti. I nostri preferiti sono davanti al porto e sono uno la copia dell’altro, ma con colori diversi, con sedie verdi l’uno e con sedie azzurre l’altro, dove mangiamo il miglior calamaro fritto della storia.
Per i pranzi acquistiamo ottimi prodotti di forneria nella panetteria che si trova in prossimità del porto e nella pasticceria che si incontra sulla strada che va da Adamas a Plaka sulla prima salita.
Noleggiamo uno scooter da uno dei tanti noleggiatori di Adamas, i cui prezzi sono simili. Quello che scegliamo si trova in una stradina laterale sulla destra della strada principale per Plaka e paghiamo 8 euro al giorno. Al ritorno andremo da un altro e, dopo un’attenta analisi dei mezzi a disposizione opteremo per un modello con marmitta da competizione ed atteggiamento sportivo. Ci lascerà a piedi il giorno stesso su una stradina di campagna dopo una spistonata definitiva. Fortunatamente il recupero sarà abbastanza veloce e con il motorino sostitutivo potremo ripartire per nuove avventure.
L’isola è abbastanza grande, 160 km2 e ci sono alcuni villaggi interessanti da visitare, primo fra tutti il capoluogo Plaka, a 5km da Adamas, molto caratteristico, fatto di case bianche e viuzze. Vi sono diversi ristoranti tipici con prezzi leggermente più alti rispetto ad Adamas. Dalla piazza principale un sentiero conduce al Kastro con bella vista sull’isola e sulla costa.



Molto carino è anche il paese di pescatori di Klima adagiato lungo una stretta spiaggia con case bianche e balconi e finestre verdi e blu. Altro villaggio più piccolo è Mandrakia con le caratteristiche rimesse per le barche con le porte multicolori. Vicino c’è anche una spiaggia di sassi.



Milos ha molte spiagge che purtroppo non possiamo goderci pienamente. Il vento non dà tregua e rende impossibile fermarsi in alcune baie più esposte. Ci dispiace particolarmente dover fuggire anche da Tsigrado, una caletta con sabbia bianca e acqua stupenda.
Il posto più ventoso dell’isola si rivela Sarakiniko, una baia, con rocce bianche levigate ed un relitto di una nave mercantile. Molto bello per le foto.


Ci rifugiamo quasi sempre a Provatas dove c’è una spiaggia organizzata bella, ma molto frequentata, e vicino un’altra spiaggetta isolata con poca gente, raggiungibile con un sentiero sulla destra.
Piacevole anche la spiaggia vicino ad Adamas, con acqua bassa e trasparente, anche se la strada corre vicina.
E’ un peccato perché secondo questo sito http://www.greeka.com/cyclades/milos/milos-beaches.htm che abbiamo consultato le spiagge dell’isola sono ben 41


Compriamo i biglietti del traghetto per Sifnos a una delle tante agenzie sul porto. I traghetti sono molto frequenti, ce n’è più d’uno al giorno, e la traversata dura circa un’ora.
Al porto di Sifnos c’è qualche affittacamere che attende i turisti. Andiamo con un signore che ci porta con un apecar agli appartamenti Simeon (dalla strada del porto si vede la scritta su un edificio bianco con finestre rosse). Per raggiungerlo a piedi dal porto si imbocca l’unica strada e si sale la prima scalinata a destra, in cima alla quale, a sinistra, si trova Simeon http://www.simeon-sifnos.gr/it/index.html. La stanza è spartana, con frigorifero e tv minuscolo, ma per il prezzo va benone, 25 euro a notte.
Noleggiamo il motorino da Nikh Rent a car-moto sempre a Kamares, che è il paese del porto. http://www.travel-to-sifnos.com/member.php?member_id=20. Spendiamo 6 euro al giorno per uno scooter 125 nuovo, con cui giriamo l’isola in lungo e in largo. Infatti è grande solo 73 km quadrati e sono sufficienti pochi giorni per la visita.
A Kamares vi sono ottimi ed economici ristoranti vicino al porto, uno, in particolare, direttamente affacciato sull’acqua, propone piatti tipici anche piuttosto insoliti rispetto al solito a prezzi eccezionali; qui si trova anche una bella spiaggia piuttosto frequentata e un po’ ventosa.
Un’altra spiaggia lunga e sabbiosa è Platys Gialos, 6 km a sud di Apollonia. Nei pressi c’è Monì Hrysopigis, in un punto spettacolare sul mare. Dal monastero un sentiero porta alla spiaggia di Hrysopigis con una taverna.



Sulla costa occidentale Vathy ha una stupenda spiaggia di sabbia su cui si affacciano alcune taverne. C’è una spiaggetta (Fasolou) anche a Faros un piccolo villaggio di pescatori e dalla fermata degli autobus si raggiunge risalendo la scalinata e oltrepassando il promontorio.
Capoluogo dell’isola è Apollonia, a 5 km dal porto, con una via pedonale con molti bar e negozi, ma il luogo più bello dell’isola è Kastro, un villaggio cinto da mura su una rupe, costituito da case bianche e vicoli, con locali che si affacciano sul mare dove fermarsi a bere un aperitivo. Nel tardo pomeriggio è un posto molto poetico dove aspettare il tramonto.



Si staglia con il suo biancore candido ed il tetto azzurro delle due cappelle un piccolo cimitero che segue il terrazzamento della collina brulla da cui l’uomo, con gran fatica, ha cercato di prendere qualche frutto di agricoltura e pascolo per capre, dando in cambio il riposo tranquillo di quello stesso lavoro.
 A Sifnos si respira ancora un’atmosfera tipica e, nonostante qualche tentativo di incremento dell’industria turistica, nulla è stato artefatto per agevolare in questo senso i grandi flussi, ma ogni cosa ha mantenuto le sue caratteristiche uniche.

Il fatto che l’isola sia raggiunta da pochi turisti è confermato dalla continuazione delle normali attività, non sacrificate per la totale devozione ad una “nuova forma” di sostentamento.
Le abitazioni hanno conservato le classiche architetture e la freschezza della calce; la pulizia assoluta dei vicoli e delle campagna scoraggia qualsiasi velleità inquinatoria.
Lasciamo a malincuore Sifnos per andare a Serifos con un traghetto che impiega circa 50 minuti (l’alternativa è la traversata in catamarano veloce in 25 minuti).
A Serifos nessun affittacamere attende al porto i turisti, che sono effettivamente pochissimi. Lungo la strada sul mare ci sono alcune taverne e domatia. Troviamo una stanza per 30 euro al giorno e affittiamo un motorino al noleggiatore sul porto vicino all’ufficio del turismo per 6 euro al giorno.
Fa freddo e pioviggina. Visitiamo la bella Hora su una rupe, molto suggestiva e da qui si arriva la kastro veneziano con una scalinata. Vediamo le spiagge principali, senza fermarci a causa del clima: Psili Ammos lunga 700 metri e raggiungibile in 50 minuti a piedi dal porto, Livadakia, che si raggiunge salendo sul promontorio dal molo dei traghetti e la spiaggia dei nudisti, Karavi, al di là del successivo promontorio.
 

E’ veramente un peccato che ci sia nuvoloso e che la Hora, questo meraviglioso paese arrampicato sulla roccia grigia della collina, non possa avere il consueto sfondo del cielo blu che raramente in altri posti al mondo raggiunge intensità di colore così vibranti. Il blu del cielo greco isolano è abbastanza unico, si può ritrovare in similtono solo nei luoghi più incontaminati del pianeta.
Da lontano le case della Hora sono puntini bianchi e ricordano capre bianche abbarbicate su scoscesità improbabili, alla ricerca di qualcosa da brucare.
 

Rassegnati lasciamo Serifos a causa del pessimo clima, senza averla conosciuta bene. E’ un po’ come incontrare un nuovo amico e doverlo salutare avendone appena intuito la generosità.
Perciò la mattina lasciamo lo studio e ci rechiamo al porto per prendere il traghetto e far ritorno a Milos. All’orario previsto non si avvista alcuna imbarcazione e ci rechiamo alla “capitaneria di porto” per avere delucidazioni, ma non si sa molto, solo che dovremo aspettare pazientemente. Nel pomeriggio inoltrato l’unico natante che entra in porto, sballottando la sua obliqua incertezza verso la banchina, è un catorcio pronto per la rottamazione, proveniente forse dalla Macedonia o dall’Albania e comunque è diretto a Milos quindi saliamo a bordo (grazie alla magnanimità dell’addetto che ci lascia salire nonostante non abbiamo i biglietti giusti), fregandocene della scaramanzia marittima che dice: “se vedi un traghetto storto tira dritto”. Dopo alcune ore (invece dei 50 minuti normali) di navigazione dubitativa, finalmente attracchiamo al porto di Milos (dove la nave si autodistrugge!) siamo molto provati dall’esperienza suggestiva e dalla giornata sprecata perciò andiamo all’albergo senza tentare di trovare una sistemazione più carina ed economica e comunque è già tardi ed è solo per un paio di notti: la stanza costa 40 euro e tutto sommato non è male.
Rientriamo col solito volo Olympic Airays ad Atene. Scopriamo che esiste un servizio di metropolitana comodissimo dall’aeroporto al centro che costa solo 5 euro e impiega circa un’ora, per arrivare alla fermata vicina al nostro hotel. Abbiamo faticato a trovare un hotel veramente economico perché i prezzi ad Atene sono più alti rispetto alle altre zone della Grecia. Il quartiere è bruttino e non c’è molto da fare. Siamo stanchi e non visitiamo nulla. Col senno di poi sarebbe stato meglio prendere un hotel vicino all’acropoli e vedere almeno quella.
La mattina torniamo in aeroporto e prendiamo il volo di ritorno Easyjet. Il bagaglio che per gli addetti italiani era a norma si è trasformato in un oversize agli occhi dell’arcigna addetta greca e siamo costretti ad imbarcarlo.

martedì 12 luglio 2011

Stoccolma

Giugno 2009

Lo scopo del viaggio è duplice: visitare la città e soprattutto assistere al concerto di Bruce Springsteen con la E-Street Band (il secondo dei tre che terrà a Stoccolma). Abbiamo acquistato i biglietti con livenation http://www.livenation.se/, che, come Ticketone in Italia, vende i biglietti per la maggior parte degli spettacoli musicali di Svezia, ma a differenza di Ticketone, funziona perfettamente e l’acquisto dei biglietti non è un’angoscia. 
Il volo è il solito Ryanair da Bergamo - Orio al Serio per 60 euro a testa, che atterra all’aeroporto di Stoccolma Skvasta, piuttosto distante dal centro città.
Acquistiamo i biglietti del bus per il centro con Flygbussarna al banchetto in aeroporto, visto che il prezzo è più basso rispetto ai bus Terravision di Ryanir (238 sek a/r). I biglietti si possono acquistare anche on line http://www.flygbussarna.se/lang/IT.aspx?lang=EN. I bus partono ogni mezz’ora ed il tragitto è di un’ora e venti minuti fino al Cityterminalen, la stazione centrale dei bus.
E’ un casino e giriamo un po’ prima di trovare l’ufficio che vende gli abbonamenti per i trasporti cittadini, al piano sotterraneo. Acquistiamo la 72 hour SL card che consente di viaggiare su tutte le metro e bus, sul ferry da Slussen a Djurgården e sul tram da Norrmalmstorg a Djurgården. Costa 200 sek  http://sl.se/en/Visitor/Tickets/Visitor-tickets/. Abbiamo prenotato un bed and breakfast tramite BED AND BREAKFAST AGENCY SWEDEN  www.bba.nu. Abbiamo scelto di pernottare nella zona di Soderlman,  da cui si può raggiungere Gamlastan a piedi in 15 minuti oppure con la comoda metro. Siamo vicini alla fermata di Mariatorget. E‘ un quartiere vivace, ricco di locali e ristoranti.

Il BB prenotato è il C-1 Sod e spendiamo, per una camera doppia, con bagno in comune con il proprietario (che non c’è mai) e cucina a disposizzione, 620 sek a notte, che, rispetto ai prezzi medi della città, è pochissimo.
Ci hanno inviano un codice da digitare all’ingresso del palazzo, che sostituisce la chiave.
Il proprietario è molto gentile e, come un gran numero di svedesi, parla un po‘ di italiano. Non ci prepara la colazione, ma ci lascia tutto il necessario ed abbiamo libero accesso a cucina e dispensa.
Su suo consiglio, ceniamo al Restaurang Söderkisen in Sankt Paulsgatan, 22 a pochi minuti a piedi dal bed and breakfast. E’ molto gettonato tra la gente del posto e mangiamo bene: due piatti unici a base di carne e due birre per meno di 30 euro.
La carta dei trasporti si rivela fondamentale soprattutto per il giorno del concerto, in cui facciamo la coda davanti allo stadio, dalla 9 e 30 di mattina, per ottenere i braccialetti che danno accesso al pit (il recinto davanti al palco) e dobbiamo presentarci ai vari appelli ogni 2 o 3 ore. Facciamo avanti e indietro dallo stadio al centro con facilità e velocità, anche perchè lo stadio non è lontano dal centro. E‘ uno stadio storico per l’atletica, in mattoni, molto particolare.
 La parte più caratteristica di Stoccolma è Gamla stan, il centro storico medievale, molto ben conservato.


Qui si trovano la Cattedrale ed il Palazzo Reale http://www.kungahuset.se/royalcourt/theroyalpalaces/theroyalpalace/thepalace/visitus/entrancefees.4.396160511584257f2180005623.html, dove si svolge tutti i giorni la cerimonia del cambio della guardia http://www.forsvarsmakten.se/en/Organisation/The-Royal-Guards/.

Gli orari cambiano in base alle stagioni. In estate dal 23 aprile al 31 agosto si svolge dal Army Museum o Cavalry Barracks alle 11.45 o alle 11.35 (alla domenica e durante le festività alle 12.45 o alle 12.35) accompagnato dalla banda militare. Quando non c’è accompagnamento musicale la Royal Guards marcia dall’obelisco alle 12.15 e la domenica alle 13.15 e dura 40 minuti.
In occasione di feste nazionali (6 giugno 30 aprile, 14 luglio e 28 agosto) la marcia avviene nel cortile esterno. Abbiamo la fortuna di assistervi proprio durante la festa nazionale della Svezia il 6 giugno.
Oltre al cambio della guardia assistiamo anche ad un concerto su una piattaforma sul mare e al lancio dei palloncini con i colori della bandiera svedese in mezzo alle famigliole in festa.


Per l’occasione all’interno del palazzo reale si celebrano le tradizioni svedesi.

Il centro di Gamla stan è Stortorget, la piazza più antica di Stoccolma, da cui si diparte Köpmangatan, la via più antica della città.
Facciamo un po’ fatica a trovare il vicolo dedicato a Mårten Trotzig, che è il più stretto di Gamla stan, con una larghezza di soli 90 cm, nel punto più stretto.
In Gamla stan si trovano negozi, ristoranti e caffè. I prezzi sono simili a quelli italiani, nonostante gli stipendi siano incredibilmente superiori ai nostri. E’ pieno di locali carini in cui mangiare, la maggior parte dei quali propongono economici menu a prezzo fisso all’ora di pranzo.


Dal centro è piacevole  passeggiare sul lungomare fino a Kungsträdgården, al Grand Hotel e al vicino Nationalmuseum e da qui a Steppsholmen, una delle tante isole accessibile a piedi tramite un ponte. Qui ci sono diversi musei tra cui il Museo di arti moderne ed il museo dell’architettura, il teatro Galesen e sulla parte sud la vecchia nave di Chapman, che ora è ostello della gioventù.


Proseguendo la passeggiata sul mare, prima su Njbrokaien e poi su Strandvagen, si hanno belle viste della riva opposta. Si passa accanto a incantevoli edifici storici e ci sono panchine per riposarsi al sole.

Giungiamo infine all’isola di Djurgården, che è gigantesca, ed il modo migliore per girarla è sicuramente noleggiare una bici. Camminiamo fino al Museo Vasa, molto frequentato, ma non siamo particolarmente interessati alla nave vichinga.
E’ molto curioso notare il fatto che molti eventi di consistente portata, concomitanti nella stessa città, vengano gestiti in assoluta tranquillità e nel più rispettoso senso civico. Infatti c’è in ballo la festa nazionale con spettacoli dal vivo, parate in costumi tradizionali per le strade cittadine ecc., poi c’è il concerto di Springsteen che ha portato nella capitale moltissimi fan anche dall’estero, ci sono i festeggiamenti degli studenti per la fine della scuola con conseguente sfilata di camion con cassone trasformato in discoteca itinerante  per ospitare centinaia di ragazzetti ciucchi marci e infine la partita di calcio della nazionale svedese contro la Danimarca, che porta migliaia di tifosi biancorossi a contatto diretto con tifosi gialloblu senza il minimo accenno di attrito, anzi i colori si mischiano in un meraviglioso corteo pacifico nelle strade ed in metropolitana. Le toilette dei pub hanno lunghe code ordinatissime di vichinghi che saltano continuamente su un piede e sull’altro in attesa del proprio turno.
L’unica nota negativa è il clima che, anche in estate, è piuttosto altalenante; infatti ci pippiamo una giornata pessima, fredda e piovosa, proprio mentre facciamo l’appostamento di ore ed ore davanti allo stadio per poter entrare nel pit, mentre il giorno successivo si apre con un bel sole caldo che porta tutti a piedi nudi nei parchi ed in riva d’acqua.
Si percepisce un altissimo tasso culturale ed un’ampia apertura mentale  della popolazione e perciò la città è vivibilissima; spesso si ha la sensazione di passeggiare in un ambiente cresciuto intorno all’uomo ed avvicinabile alle sue esigenze, non in un assurdo agglomerato esploso oltre qualsiasi tipo di proporzione, come spesso capita in medesime realtà presenti in altri stati, anche Europei.

giovedì 7 luglio 2011

Norvegia

Agosto 2009

Dopo aver preparato accuratamente il giro da fare utilizzando la Lonely Planet e l’utilissimo sito dell’ufficio del turismo norvegese http://www.visitnorway.com/it (qui si posso scaricare anche delle guide delle varie zone http://katalog.visitnorge.dk/default.asp?primsprog=it&sprogkode=9&kategoriid=71), partiamo il 7 agosto con volo www.rayanir.it da Bergamo (circa 100 euro a testa) e noleggio auto prenotato con www.autoeurope.it, per l’esorbitante cifra di 440 euro, perché,  si sa, la Norvegia è cara, ma non sappiamo ancora quanto!
Ritiriamo l’auto e partiamo seguendo la raccomandazione di non superare mai i limiti di velocità perché i controlli sono severissimi. E’ anche vero che, giustamente, le multe sono calcolate in modo proporzionale al reddito e quindi in Norvegia saremmo considerati praticamente nullatenenti, in relazione ai loro redditi altissimi.
Prima della partenza ci siamo iscritti all’Associazione italiana alberghi della gioventù, che è membro dell’International Youth Hostel Federation http://www.aighostels.com/istituzionale.asp?idLink=29. La tessera costa tre euro a persona e consente di avere sconti sui pernottamenti in tutti gli ostelli affiliati. In Norvegia ve ne sono praticamente ovunque e sono un’ottima soluzione, perché gli hotel sono mostruosamente cari. In realtà anche gli ostelli sono mostruosamente cari, calcolando che il costo medio per una camera doppia a notte con colazione è di 75 euro, ovviamente portandosi lenzuola e asciugamani da casa, che altrimenti vanno noleggiati in loco.
E’ fondamentale prenotare gli ostelli da casa perché si riempiono facilmente e le reception hanno orari strani, per cui si rischia di arrivare sul posto e non trovare nessuno a cui chiedere informazioni.

1° giorno

La prima tappa è Tønsberg, una cittadina sul mare molto popolare tra i norvegesi, a circa 100km da Oslo e a soli 20 minuti da Sandefjord Airport Torp. La simpatica particolarità di questo paese è che si paga l’ingresso. Cioè non paghiamo fisicamente, ma a quanto pare la nostra auto è dotata di un dispositivo che fa sì che ogni volta che oltrepassiamo questa linea gotica ci venga scalato del denaro  dalla carta di credito (alla fine saranno 15 euro circa). Mi chiedo come funzioni tutto ciò con delle auto italiane. Mandano la fattura a casa??

Dormiamo al Tønsberg Hostel http://www.hihostels.com/dba/hostel042106.en.htm, in un bell’edificio di legno con parcheggio adiacente. Fatichiamo a trovarlo e chiediamo informazioni a dei norvegesi gentili che parlano perfettamente l’italiano. Spendiamo 616 kr (73 euro).
Il paese non è brutto, con una passeggiata lungomare e molti locali e ristoranti, tutti carissimi. Mangiamo squallidamente su una panchina dei panini comprati al Seven Eleven.

2° giorno
Da Tonsberg, molto pacatamente, ci dirigiamo verso Drammen. Qui imbocchiamo la strada E134 in direzione ovest. Dovremmo attraversare una regione particolarmente interessante, ma non ce ne accorgiamo. Quando incontriamo la 13 ci dirigiamo verso nord e nei pressi di Odda risaliamo il ramo secondario dell’Hardanger Fjord. La strada è piacevole. Ci sono molti banchetti dove comprare fragole, ciliegie, prugne e mele (la zona è famosa per gli alberi da frutta) senza il venditore. Si prende ciò che si vuole e si lasciano i soldi in una cassettina.



Abbiamo prenotato all’Hostel Hardanger http://www.hihostels.com/dba/hostel042075.en.htm a Lofthus.
L’edificio è in  posizione sopraelevata, con uno splendido giardino da cui si gode una vista meravigliosa sul fiordo. Arriviamo con la pioggia e scopriamo che la reception apre solo alle ore 17.00. Ci propongono una stanza in un piccolo edificio vicino. La camera è bruttina e i bagni sono in comune con porte tipo far west e si gela. Fortunatamente c’è una stanza libera in un altro edificio, molto più carina e calda con bagno in camera. Paghiamo 660.00 NOK (75.00 EUR).
In zona c’è un solo ristorante in cui mangiare, raggiungibile solo in auto. Siamo stanchi e demoralizzati dal clima  e mangiamo della frutta in stanza. Fortunatamente la colazione è abbondante e gustosa.

3° giorno
La mattina partiamo presto e percorriamo la strada costiera in direzione Eidfjord, giungiamo sino al vertice del fiordo e ne ammiriamo la dolcezza, aiutati nell’impresa da un vago sentore di bel tempo.

 




Prendiamo il primo traghetto per attraversare l’Hardanger Fjord (Brimnes-Bruraviki) al costo di 107 KR (due passeggeri + l’auto). La traversata non è molto lunga, ma è molto pittoresca; si possono ammirare le pareti di roccia da cui piovono cascate altissime e si vorrebbero percorrere tutte le ramificazioni.
Utilizzando la strada numero 13 si continua in direzione nord sino a raggiungere il Nærøyfjord, che è stato inserito nel patrimonio dell’Unesco. Il nome suscita grandi ispirazioni per chi conosce la musica prodotta da queste parti; purtroppo per apprezzarlo a fondo bisognerebbe avere più tempo e percorrerlo in barca. Il Nærøyfjord è un braccio del Sognefjord, che è il più lungo dei fiordi norvegesi, come lo è anche l’Aurlandsfjord, dove si trova la cittadina di Flam.
Abbiamo la malaugurata idea (infinocchiati anche dalla solita Lonely Planet, che tutte le volte diciamo “basta non la utilizzeremo più”) di decidere di fare un giro sul famoso trenino di Flam. Il percorso è di circa 20 km e non si vede nulla di interessante, tranne una cascata vicino alla quale degli uomini vestiti da fate improvvisano uno spettacolino bucolico. E’ una pattonata turistica ed il costo è spropositato: 660 kr (39 euro) a testa.




L’ostello di Flam è strapieno e non ci sono molti alloggi in zona, così ripercorriamo una simpatica galleria di qualche km e torniamo verso Aurland. Pernottiamo al Lunde Camping http://www.lunde-camping.no/ dove paghiamo ad un addetto poco amichevole 550 kr (64 euro) per un bungalow senza bagno e cucina malfornita. I bagni sono a un km in linea d’aria. Spira un vento gelido, che i norvegesi sembrano non sentire, visto che mangiano all’aperto sul lungo fiume.
Non troviamo un buco in cui cenare, o meglio un buco ci sarebbe, ma ha l’aspetto di una tavola calda sporca e mangiamo noodles e patatine nel nostro bungalow.

4° giorno
Da Aurland, per proseguire verso nord, andando ad “abbracciare” il corpo del Sognefjord, è possibile optare per due soluzioni molto diverse tra loro, ma entrambe interessanti. La prima consiste nell’attraversamento del tunnel di Laerdal, che, essendo lungo 24 km e mezzo, al momento della sua inaugurazione è diventato ufficialmente il più lungo del mondo, strappando il primato al San Gottardo.
A questo proposito è necessario aprire una parentesi ingegneristica in quanto in Norvegia sono state realizzate opere uniche al mondo, in materia di ponti e gallerie sia per le dimensioni fuori dal comune sia per quanto riguarda la progettazione avveniristica di tunnel a spirale, che meritano una considerazione speciale anche da chi soffre di claustrofobia e, mentre si percorrono, è possibile valutarne la singolarità, anche se a volte è comprensibile capire la difficoltà di accettare di trovarsi non solo sotto il livello del mare, ma proprio sotto il mare.
Dopo tutti questi elogi alle capacità realizzative degli ingegneri civili norvegesi, chiaramente decidiamo di andare controcorrente e di preferire la seconda possibilità, l’opposta, quella che ci porta su un’arzigogolata stradina di montagna detta Aurlandsvegen (Fv 243) o strada della neve (aperta solo in estate, da giugno ad ottobre), che, arrampicandosi subito, offre delle visuali incantevoli sul fiordo e sugli articolati paesaggi circostanti. Sono state anche predisposte delle piattaforme in punti strategici dotate di parcheggio e bagni.
Questo percorso raggiunge la massima altitudine intorno ai 1300 metri e sull’altopiano, dove i ghiacci e le nevi si sciolgono per il “tepore” del sole estivo generando laghi e corsi d’acqua, tutto si fa movimento in un’apparente stasi granitica. Poi si ridiscende verso Laerdal, spernacchiando la galleria più lunga del mondo. Le nevi più resistenti creano un contrasto di bianchezza nitida e pura sulle verdezze dei muschi, i grigi delle rocce e le striate d’azzurro vivo a tagliare nuvole minacciose.


Col traghetto Laerdal-Manneller (88 kr per due passeggeri più auto), passiamo Kaupanger e, prima di arrivare a Sogndal, dove decidiamo di fermarci, c’è un ponte che oltrepassa un restringimento drastico delle acque. Dopo averlo attraversato, prendendo a destra, la strada 55 costeggia poeticamente questa estremità, offrendo un’occasione per un’escursione molto piacevole.



Anche qui l’ostello apre dopo le 17.00. Siamo stanchi e cerchiamo un’altra sistemazione. Optiamo per il Hofslund Hotel in un edificio storico in posizione stupenda sul fiordo http://www.hofslund-hotel.no/.
La stanza è cara (1095 kr, 126 euro con lo sconto), per le dimensioni ridotte ed il bagno in plastica, ma ha un balconcino con una vista eccezionale. E’ spuntato il sole e la vacanza ci sorride per un po’. Assistiamo anche al bagno nelle gelide acque del fiordo di una signora vichinga che nuota placidamente.
La colazione è abbondante e ancora una volta sarà l’unico pasto decente che faremo nel corso dell’intera giornata.

5° giorno
Riprendiamo il cammino verso nord utilizzando la strada 5. Vi è un tratto di autostrada a pagamento (180 kr).
Dopo essersi allontanati un poco ci si ripresenta il Sognefjord, in una delle sue estensioni settentrionali.








Salutandolo definitivamente si entra in zona Jostedal, dove si può ammirare il più grande ghiacciaio d’Europa. Noi siamo molto sfortunati perché quando lo raggiungiamo le nubi sono talmente basse da compromettere brutalmente l’osservazione. Riusciamo comunque a posizionarci all’estremità di una lingua e ad apprezzarne almeno qualche papilla. Per gli appassionati la zona richiederebbe una sosta prolungata, quantomeno per dare la possibilità alla pazienza di attendere una giornata con una buona visibilità e per effettuare escursioni a piedi nel vastissimo parco (più di 1300 km quadrati), per raggiungere anche  il Jolstravatnet.



La E39 porta fino al Nordfjord, che ricorda la navata di un’antica cattedrale dalle colonne altissime e scoperchiata dai bombardamenti. Peccato che, a causa del clima osceno, oltre ad ipotizzare l’assenza di tetto, si possono solo immaginare i capitelli e si scorgono a malapena le basi. Il fiordo si attraversa con il traghetto Lote-Anda ( 88 kr) e si sta in macchina, sia perché la traversata è brevissima sia perché non c’è uno stimolo da ponte.
Nei pressi di Nordfjordeid si prende la strada 15 per andare a visitare l’Hornindalsvatnet, che è il lago più profondo d’Europa (con così tanti primati continentali il viaggio dovrebbe schizzare ai vertici delle classifiche dei viaggi più belli, ed effettivamente con un clima diverso lo farebbe, ma c’è un clima diverso???).


La 15 si trasforma in 60 per andare a costeggiare il Geirangerfjord sul versante occidentale con bellissime panoramiche.


Facciamo un bella tirata fino ad Alesund. L’ostello è pieno e fa un freddo tremendo. Non c’è un giro un cane e sembra di trovarsi in un paese italiano un lunedì sera di gennaio. Ci fermiamo al Thon Hotel http://www.thonhotels.com/hotels/countrys/norway/alesund/thon-hotel-alesund/, caro, anche se il prezzo è scontato perché è bassa stagione: 1095 kr (127 euro). Quando sarà l’alta stagione??
Almeno la stanza è confortevole, il letto comodo e la colazione buona. Thon è una catena di hotel, economici per gli standard norvegesi, diffusa in tutta la nazione.


La cittadina ha un centro storico molto apprezzabile in stile art nouveau,  è molto caratteristico con le case colorate, le torrette ed il gioco delle acque con l’insediamento (si trova su due isole), ma la visita è breve perché il freddo è pungente e, dopo aver visto prezzi e menu dei pochi ristoranti del centro, optiamo per una triste cena da McDonald: 2 cheeseburger per la modica cifra di 11 euro.
In questa zona si prendono traghetti in continuazione a causa della morfologia del territorio, costano tutti 88 kr.

6° giorno
Molto bella è la strada 136 che corre sulle frastagliate coste bagnate dal Mar di Norvegia. Qui si incontrano saltuariamente dei piccoli paesi, dove è possibile noleggiare una delle vecchie casette di pescatori, per passare la notte in un ambiente assurdo: nasce immediata la considerazione sulla costanza dell’uomo nel tentativo di strappare anche ad una natura arcigna un poco di dignità e sui diversi gusti nella scelta del luogo in cui andare a vivere. Comunque la gita è veramente piacevole.


Ci fermiamo al Vandrerhjem Hostel ad Andalsnes http://www.hihostels.no/english/Hostels/Fjord_Norway/Andalsnes/. La struttura dell’ostello è caratteristica con il tetto ricoperto di erba. Dormiamo in un edificio adiacente in una stanza con bagno in comune per 604 kr (72 euro).
Il paese non è brutto. E’ adagiato sulle rive del Romsdalsfjord e dalla piazzetta si vede un bel panorama, anche se un po’ buio. Cerchiamo invano un posto in cui mangiare, ma sembra che l’unico cibo disponibile siano delle pizze a prezzi esorbitanti, dai 20 euro in su, e non abbiamo tutta questa smania di provare la pizza norvegese e quindi si mangia per l’ennesima volta in stanza, tacos e tacos.



7° giorno
Questa è forse la giornata più attesa per gli amanti dei Finntroll, perché ci si appresta a vedere l’imponente Trollstigen (la scala dei troll), una strada inerpicata con tornanti ripidissimi, circondata da montagne poderose, come la Dronningen, e spruzzata di vitalità vibrante dalla Stigfossen, la cascata sotto cui i troll si facevano la doccia. Ed infatti si supplicano gli dei di Azeroth affinché ci sia cielo di spazio ad appagare l’occhio nella ricerca in valle di una traccia di passaggio dei Drakkari e invece… niente.
Percorriamo la Scala senza vedere praticamente nulla; le nuvole sono talmente basse da farsi nebbia fittissima e la cascata altro non è se non ulteriore spruzzo d’acqua confuso con quella che piove dal cielo. Quasi non se ne vede neppure la base, ma in compenso fa morire dal ridere la quantità industriale di turisti giapponesi che scattano tonnellate di fotografie, come se si capisse qualcosa del soggetto inquadrato… 



Con le ghiande e le pive nel sacco riscendiamo ai piani bassi e prendiamo la strada verso sud, ma non la 136, sarebbe troppo comodo. Preferiamo la 63 per tornare a vedere il Geirangerfjord dal punto di vista orientale.



Il paese di Geiranger è il classico luogo per turisti, da cui partono e a cui arrivano le crociere sul fiordo. Naturalmente appena parcheggiamo si mette a piovere. Abbiamo fame e decidiamo di provare la cucina norvegese da Naustkroa http://www.visitalesund-geiranger.com/en/Product/?TLp=381506. Ordiniamo salmone bollito con patate. Il salmone è gelato e le patate bollenti. Chiediamo lumi alla cameriera, che ci spiega che questo è il modo tipico di cucinare il salmone della zona. Viene preparato anche qualche giorno prima e lasciato in frigorifero, poi viene servito bello freddo. E’ una schifezza!!! 2 salmoni, una birra e un’acqua 306 kr (36 euro).
Vorremmo fermarci a dormire in una guesthouse del paese (pare ce ne siano diverse), ma non sono segnalate sulla strada e non abbiamo voglia di addentrarci nelle viette e poi, se vuoi affittare una stanza metti un cavolo di cartello in evidenza, come in Irlanda!
Proseguiamo sulla 15 sino a raggiungere il paesino di Lom. Questa regione è considerata il paradiso per gli appassionati di sci in Norvegia, infatti è la porta del Jotunheim, il parco nazionale con le vette più alte del Paese e ci sono in giro un sacco di auto con i portasci sul tetto.
Visitiamo Lom e facciamo due passi sul lungo fiume, che ha un bel colore di limo glaciale. 

 

L’edificio che ospita l’ente del turismo è storico e c’è una bella chiesa in legno e qualche altro edificio d’epoca tra cui delle assurde costruzioni in legno scuro utilizzate come granai e magazzini. C’è l’atmosfera di un paesino di montagna.

 
A proposito delle chiese di legno si deve aprire una parentesi per esaltarne la bellezza e considerarle forse l’unica attrattiva turistica dal punto di vista architettonico, se si escludono alcuni sporadici episodi in città d’arte come Bergen e Alesund. Sembra che da un momento all’altro possano sradicarsi dal suolo e trasformarsi in navi vichinghe per le strane decorazioni sulle facciate e sui tetti e poi il legno stimola certe riflessioni fantasiose, ah, beh, certo, il legno stimola anche le fantasie piromani di alcuni black metallers locali che, comandati da Satana in persona, qualche anno fa decisero di darle alle fiamme.
Dormiamo al campeggio http://www.lomcamping.no/. La stanza non è brutta, ma il letto è sporchissimo.

8° giorno
Tappa di trasferimento per ritornare a sud, nella zona di Oslo. La prima parte della strada E5 è abbastanza bella e ci sono degli scorci paesaggistici d’interesse, soprattutto quando le ondulazioni s’alternano ai corsi d’acqua; poi ci si annoia un po’. L’idea è di fermarsi a  dormire dopo Lillehammer, e precisamente ad Hamar, ma c’è una gara ciclistica e i corridori hanno occupato tutte le stanze del paese. Chiamiamo gli ostelli di Oslo che non hanno un buco libero e ci fermiamo vicino all’aeroporto nel Thon Hotel di Jesshein-Gardemoen http://www.thonhotels.com/hoteller/land/norge/gardermoen/thon-hotel-gardermoen/ per le solite 1095 kr.  Il parcheggio è a pagamento e la sbarra non funziona, o meglio, funziona quando non dovrebbe. Anche questo albergo è pieno di sportivi, in questo caso di varie nazionalità, tra cui anche dei bifolchissimi italiani…

9° giorno
Ci dirigiamo ancora verso sud, passando per Oslo. Attraversando la città percorriamo un tratto a pagamento, sempre con il solito sistema digitalizzato; c’è un traffico notevole, soprattutto in prossimità delle grandi arterie che collegano la Norvegia al resto dell’Europa. Il programma sarebbe quello di visitare i paesini del basso fiordo di Oslo e in particolare Friedrikstad, ma diluvia e rinunciamo. Torniamo a Tonsberg e dormiamo al solito ostello http://www.hihostels.com/dba/hostel042106.en.htm.
La vacanza è finalmente conclusa e, senza nessuna nostalgia, salutiamo la Norvegia, la sua popolazione un po’ scorbutica e il suo clima di merda. Abbiamo imparato che non si deve mai andare in Norvegia in agosto perché piove in continuazione. Pare che il mese ideale sia luglio, ma resteremo con il dubbio per sempre.

Samos e Dodecaneso (Kos, Patmos, Lipsi, Leros)

Luglio 2002

All’arrivo all’aeroporto di Samos scopriamo con delusione che l’unico modo per raggiungere il paese di Pithagorio, dove intendiamo soggiornare, è di prendere un taxi. 6 euro per percorrere 4 kilometri non è male! Troviamo sistemazione in un monolocale abbastanza carino per 30 euro al giorno (forse un po’ caro, ma siamo troppo stanchi per contrattare!).
Noleggiamo subito uno scooter (8 euro al giorno) e partiamo per le spiagge sassose di Lemonaki e Tsamadou. L’acqua è limpida e trasparente con i riflessi smeraldati dei sogni da poco dimenticati. Malgrado la presenza di uno stabilimento balneare è possibile stendere il proprio asciugamano alle estremità dell’insenatura e vicino alla roccia si trova un poco d’ombra. L’atmosfera è tranquilla e rilassata, nonostante sia domenica e buona è l’esposizione al vento che rende il clima sempre piacevole.
Per niente grazioso, a differenza di quanto sostiene la guida, è il paesino di Vourliòtes, all’interno. Meglio Kokkari, paese di pescatori con una bella passeggiata che costeggia il mare.
Da Pithagorio prendendo la strada per Samos (Vathy) si trova l’indicazione per Psili Ammos e ci si sporge sul mare in un ampio golfo semi chiuso da ondulati orizzonti. Sorprendente è la presenza di un numero di persone vicino allo zero.
Molto quieta è pure una caletta senza strutture che si trova imboccando una stradina sterrata sulla sinistra prima di giungere alla più rinomata ed organizzata spiaggia di Glicoriza. Anonima è la zona nei pressi di Ireon: la spiaggia è banale, il pesino triste e il sito archeologico deprimente.
A cena optiamo per un’atmosfera più poetica rispetto alle alternative commerciali del porto orientandoci verso il Riva, un ristorantino delizioso con una terrazza aperta sul mare. A fine pasto ci viene offerto un bicchierino dell’ottimo moscato di produzione locale.
Dedichiamo una mattinata all’esplorazione dell’isola. Percorrendo la strada che porta all’estremo ovest giungiamo, con patimenti di correnti fredde (a saperlo ci si poteva organizzare con giubbotti da moto) a Balos, da cui, dopo un po’ di riposo ristoratore, contiamo di raggiungere le spiagge sabbiose di Kampos e Psili Ammos II (che fantasia, ci sono 4 località e non si riescono a trovare nomi non doppiati). La scoperta dell’interruzione della strada semi costiera che abbiamo deciso di utilizzare e lo stress ventoso contribuiscono a farci cambiare direzione. Tagliamo l’interno, abbracciando paesaggi montani interessanti, sino a spuntare sulla costa opposta a Karlovasi, una cittadina costiera dalle squallide atmosfere di una Marsiglia periferica. Da qui, ridiscendendo il versante nord, prendiamo contatto con l’esotica Tsamadou e con un buon assaggio di mediterraneità in piatto dalla terrazza di una taverna da cui si gode un’incredibile vista sugli smeraldati incanti di questo luogo.
Con sommo rammarico constatiamo l’impossibilità di raggiungere l’isola di Patmos, la seconda tappa del nostro tour, con un ferry boat, a causa di un guasto meccanico: per avere questa informazione dobbiamo chiedere a 3 diversi addetti alla biglietteria navale; se fosse dipeso dal primo interpellato avremmo atteso il traghetto per ore sulla banchina (o forse no perché non siamo completamente rimbambiti!). L’unica alternativa possibile per attraversare l’acquosa separazione fra le due isole è l’”amatissimo” aliscafo Flying dolphin delle 7.30 a.M., che oltretutto prevede il giro largo passando da Ikaria e Fourni. Ci aspettano 2 ore e 30 di tiritera de la muerte!
Patmos ci accoglie come una forte madre di roccia. Una volta poggiato il piede a terra, al porto Skala, siamo avvicinati da Irina, una simpatica signora che non spiaccica una parola di inglese e ci offre una stanza a 25 euro. Ci mettiamo subito in moto e dopo aver noleggiato lo scooter più economico e più scarso di tutta la vacanza, ci dirigiamo verso la spiaggia di Petras. Qui l’unico rumore è un suono sottilissimo, rilassante e tiepido delle onde, come quello di un rainmaker, mentre un’anatra sorveglia un bambino che s’addormenta all’ombra e sembra, con il suo becco leggermente incatramato, una fiera sentinella ad impedire ai brutti sogni di disturbare il placido sonnecchio.
Cerchiamo subito il modo di dare il colpo di grazia allo scooter nel tentativo di raggiungere Psili Ammos (e vai con l’originalità!). Forse non è la strada giusta? Meglio desistere ed orientarsi verso Lampi, spiaggia non bellissima, ma con un’ottima taverna, che ci si adagia come una coperta di peperoni e calamari
Le spiagge non sono il punto di forza di Patmos. Come fili multicolore di cotone le sue atmosfere, le case, le facce della gente, il monastero, che sembra dominare l’isola, il paesino di Hora con i suoi vicoli misteriosi e aperti come la verità, dove il vento riesce comunque ad insinuarsi a stimolare una intenerita benevolenza, si attorcigliano intorno ad un ferro e, a lavoro finito, hai un maglione leggero da indossare in queste sere rinfrescate e da stringere sul cuore nelle giornate in cui la passione del momento avrà lasciato spazio a quel sedimentare forte che è l’amore di ricordi per i posti ormai lontani.
Con un pizzico di malinconia, a bordo dell’insetto scoppiettante, salutiamo Patmos, ma nell’immediato sbarco a Lipsi (la traversata dura circa 25 minuti e questa volta il mare è gentile nel concedersi liscio come una tavolozza) abbiamo rinvigorito di bellezza il nostro animo: Lipsi è la miscelazione ideale di incanto e poetica pacificazione, la vita scorre al ritmo lento degli umani valori e di una natura prodigiosa che semplifica ogni cosa, anche la respirazione.
Al piccolo porto i proprietari di domatia attendono i pochi turisti in arrivo ed offrono stanze in affitto a buoni prezzi. Noi ci affidiamo agli studios Paradise, rappresentati da un simpatico nonnino, e troviamo un monolocale comodo e pulitissimo in una struttura bianchissima di recente costruzione, posizionata su una collinetta a pochi minuti a piedi dal porto. Il costo è di 20 euro, il più basso di tutta la vacanza.
Forse ci sono più cappelle e campane che case e la nostra preferita sta sopra un promontorio, piccola come un miracolo, con il tetto azzurro a cupola che tocca il suo gemello in cielo.
Nelle nostre frizzanti scorribande a bordo della scoreggiante Yamaha 3 marce, noleggiata da George (7 euro di noleggio giornaliero più l’esorbitante cifra di 5 euro per il pieno di benzina), abbiamo la fortuna di imbatterci in spiagge meravigliosamente attraenti.
Kambos, dove l’acqua cambia colore un centinaio di volte prima di arrivare al profondo blu, la delicata brezza spinge i profumi delle colline circostanti e si può stare all’ombra di pini marittimi.
Platys Giàlos, dove è una vera libidine starsene stravaccati, per non parlare di quando si entra in acqua a sguazzare col turchese e lo smeraldo, mentre le capre scampanano abbarbicate sulle rocce ed i grilli intonano le loro melodie agli ulivi. Un vecchio pescatore dalla sua ondeggiante barca lancia un saluto nell’aria al pastore, che gli risponde con un ampio gesto del braccio, senza voce, per non confondere il suo gregge transumante. Così, come due vecchi amici, s’incontrano antiche tradizioni, usanze assai diverse e in fondo convergenti.
La piccola baia di Hohlakoura, un gioiello così prezioso che non può subire l’ossidante aggressione dell’abitudine. Tourkomina, dalle cui ombreggiate osservazioni nelle prime ore del pomeriggio e dalle tiepide nuotate in assoluta solitudine, non si può rimanere estranei allo scossone emotivo che le verdi striature assestano al candore della scogliera di quell’isola ed ai nostri poveri occhi già pregnanti di commozione.
Lipsi ha aperto una voragine dentro di noi: abbiamo cercato di riempirla, come si fa con lo zaino prima di partire, di belle immagini, raccogliendone quante più possibile, accatastandole agli altri ricordi, ma c’è ancora un po’ di spazio che abbiamo colmato con cene gustose e birre gelate, alla taverna di Yannis con una magnifica veduta del porto, al ristorante Calypso, dove è d’obbligo assaggiare l’eccezionale calamaro ripieno o al The Rock, dove, in un’atmosfera rilassata, si può gustare il piatto misto di dolmades (antipasti) o il polipo alla griglia
Un’altra mezz’ora di aliscafo ed eccoci pronti a saltellare sulle colline di Leros, alla ricerca di nuove immagini da incorniciare (c’è una piccola chiesa nei pressi di Gourna, una specie di Mont Saint Michel dei poveri; vicino ad Alinda ci sono delle belle calette isolate). Si percepisce però, nel nostro intimo, un sentimento strano, una piccola disillusione: Leros è bella, anche se lievemente incasinata e con qualche deficienza nell’arte conoscitiva della pulizia, ma sostarvi dopo aver corteggiato quella splendida creatura che è Lipsi è un po’ come mangiare un wurstel dopo un piatto di culatello di Zibello! Più tempo si passa a Leros e più vengono marcate le sue contraddizioni: la bellezza delle spiagge (ne è un esempio Blefoutis Bay) si infrange sugli scogli di alcune evidenti negatività, legate soprattutto ai comportamenti delle persone, la potente visione del castello di Panteli, addolcita dalla morbida presenza dei mulini a vento, si scontra con la bruttezza e la mal conservazione dei paesi circostanti; ah quanto ci piacerebbe tornare a Lipsi dove ogni cosa si amalgama perfettamente!
Un saluto alla poco linda Leros e in un’ora di aliscafo si approda al porto di Kos ed anche qui veniamo avvicinati dai locatori di appartamenti, che sparano alto con i prezzi. Ci accordiamo per 30 euro a notte.
Il castello dei cavalieri è una bella roccaforte dominante il porto che, in un certo senso, ricorda l’Havana: l’impatto visivo è molto suggestivo. Kos di sera somiglia invece a Rimini: dopo il quotidiano black out delle ore 20.50, luci sfavillanti ovunque, gente ansiosa che cerca in lungo e in largo il modo migliore (e più rumoroso) per divertirsi. Non vi è distinzione tra i selvaggi rumori della notte ed i forzati rumori del risveglio, un continuo susseguirsi di accelerate strozzature di pistoni in cilindri esausti, di marmitte mitragliatrici, di musica pompante e bombardante cervelli in pappa, clacson di alternata tonalità che fungono da punteggiatura a quel bel racconto di frenetiche esperienze, che per un po’ può andar bene, ma a un certo punto vien da dire: ”E se dormissimo qualche minuto adesso!?”.
Ci sono belle spiagge anche a Kos, quella di Tigaki su tutte, ma sono un po’ troppo turistiche, tranne la Exotic Beach, nella quale sarebbe interessante fermarsi un po’ di più, ma il sole del pomeriggio picchia come un martello arroventato e non c‘è nemmeno una pianta sotto cui rifugiarsi. C’è anche qualche resto archeologico e la Hirodion Taverna, dove si mangia molto bene con gestori gentili e una vastissima scelta di piatti. Ma se non si è dei ventenni inglesi o tedeschi con la voglia di devastarsi è meglio non andarci!