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giovedì 9 maggio 2019

Long Island (Bahamas)

23 MARZO - 6 APRILE 2019
Le uniche compagnie che volano su Long Island sono la Southern air e la Bahamas air (e il charter del resort Stella Maris, più costoso) e l’unica tratta che compiono è la Nassau-Long Island-Nassau. L’unico modo per raggiungere la nostra meta è quindi quello di acquistare un volo internazionale su Nassau e da qui prendere un volo di una delle compagnie succitate verso Long Island.
Dopo una snervante ricerca, ci rendiamo conto che è impossibile arrivare a Nassau e ripartire per Long Island in giornata e ci arrendiamo all’idea di dormire a Nassau.
Acquistiamo “a malincuore” un volo della scarsissima Iberia su Nassau a poco meno di 600 euro a/r e il volo interno per Long Island con la Southern Air per 240 dollari a testa a/r.
Per il pernottamento a Nassau, dove arriviamo a mezzanotte circa, troviamo una discreta soluzione per soli 106 dollari, compreso il servizio di trasporto da e per l’aeroporto (il costo di un taxi one way sarebbe superiore ai 20 dollari), allo Studio Loft Near Airport, che dal momento della prenotazione al nostro arrivo, cambia il suo nome in Airport Sway. Questo cambio di nome dovrebbe destare qualche perplessità sull’affidabilità del gestore, che, invece, si rivela attento e preciso nel servizio offerto.
Ci svegliamo alle 6.30 per prendere il volo delle 8.00, ma avremmo potuto rimanere a letto ancora un po’, considerando il ritardo di oltre un’ora; a saperlo prima… un po’ di riposo in più non avrebbe guastato.
L’arrivo a Long Island è piuttosto deprimente, perché vi è una compatta copertura nuvolosa che impedisce di godere di uno dei paesaggi marini più impressionanti (sorvolare le Bahamas è sempre spettacolare) e all’atterraggio il clima è condizionato dal grigio del cielo e da un vento fastidioso, che abbassa notevolmente la temperatura.
Abbiamo prenotato l’auto con Unique Wheels (una delle 2 o 3 agenzie di noleggio dell’isola, sicuramente la più gettonata), che ha ottimi prezzi; i gestori sono gli stessi proprietari del Harbour Breeze Villas dove soggiorneremo. L’auto si trova, come da accordi, nel parcheggio dell’aeroporto con le chiavi sotto il tappetino. Il contratto verrà perfezionato il giorno successivo in ufficio dove avremo la positiva sorpresa di uno sconto di 60 dollari sul previsto (480 dollari per 13 giorni invece dei 540 concordati). Forse perché l’auto (una Toyota Vitz) ha una carrozzeria impresentabile e quando si inserisce la chiave nel quadro si sprigiona un inquietante rumore di motorino elettrico in difficoltà, proveniente dallo specchietto del passeggero… niente che non si potesse sistemare con un paio di sberle… Confidiamo nelle migliori prestazioni meccaniche e, dopo aver allacciato le cinture, grazie ad un simpatico messaggio vocale della casa produttrice, in lingua originale, ci mettiamo in marcia in direzione Clarence Town.
Sulla strada troviamo un negozio di alimentari aperto e ne approfittiamo per acquistare un gallone di acqua potabile (a Long Island si può teoricamente bere quella del rubinetto, ma come si suol dire: fidarsi è bene, ma bere da una bottiglia chiusa è meglio).
Clarence Town si trova a poco più di venti kilometri dal Deadman’s Cay airport, per cui in un attimo siamo a destinazione, anche perché la carreggiata è completamente deserta, c’è giusto qualche auto in prossimità delle chiese.
L’Harbour BreezeVillas, prenotato tramite Expedia, dispone di alcune ville disseminate nella vegetazione, ben tenute, a pochi passi da un mare dalle colorazioni sovrannaturali, e di due edifici più grandi composti da studio.
Il nostro studio è molto bello ed economico per gli standard bahamensi (circa 90 euro a notte): c’è un balconcino con vista eccezionale e l’arredamento è nuovo e curato (fin troppo: le abatjour hanno ancora il cellophane intorno al paralume, ma probabilmente non glielo toglieranno mai) ma il lettone matrimoniale vede la presenza di tre materassi sovrapposti, il che porta il piano dormita a più di un metro e quaranta dal pavimento… bello, eh?!? Ma uno non è che per andare a dormire debba, per forza, essere dotato dello slancio dorsale di Sara Simeoni o dei poteri rampicatori dell’uomo ragno o di Reinhold Messner. “Ciao”, “Dove vai?”, “Salgo un attimo a letto”… Per non parlare della non trascurabile possibilità di cadere da quell’altezza e spiaccicarsi al suolo come un’iguana appesantita dalla cucina influenzata dagli americani e rincoglionita dal jet lag.
A pochi metri dalla stanza c’è una spiaggia pazzesca con qualche lettino, ombrellone e canoa a disposizione dei clienti dell’Harbour Breeze.
L’isola è lunga e strettissima e ci si impiega più di un’ora e mezza per percorrerla da un capo all’altro lungo la Queen Highway (fa abbastanza ridere questa toponomastica altisonante per una strada simile), ed è superdotata di spiagge pazzesche e nient’altro, praticamente perfetta.
SPIAGGE A SUD DI CLARENCE TOWN
LOCHABAR
E’ la spiaggia vicina all’Harbour Breeze e si raggiunge seguendo proprio i cartelli che indicano la struttura, a pochi km a sud di Clarence Town.
Da casa, visionandone le immagini su internet, ci era sembrata una delle migliori dell’isola, ed infatti la prima impressione è ampiamente confermata, se non addirittura amplificata: il sole ormai splende gloriosamente e vivacizza i colori del mare che qui è reso placido e caldo dalla presenza di isolotti e barriera corallina, arginanti l’oceano Atlantico che, in lontananza, si fa sentire, molto meno “pacifico”.  Si è formata un’enorme piscina naturale in cui non è possibile non buttarsi a capofitto. E’ una vera goduria sguazzare in queste acque incredibilmente cristalline. La spiaggia è di sabbia morbida e fin troppo bianca, da risultare quasi accecante.
 
  
In fondo alla spiaggia, verso sud, c’è un blue hole meno noto di quello di Dean’s, forse solo per i contorni meno definiti: una vera pacchia per gli amanti del diving.  

L’unico difetto è che, come la maggior parte delle spiagge sul lato atlantico, può a volte essere molto ventosa.
GORDON’S
Arrivarci è semplice: è sufficiente percorrere la Queen Highway in direzione sud fino a quando finisce la strada e si vede la spiaggia sulla destra, stando sempre molto attenti a non investire animali di varie specie, dalle più domestiche alle più insolite, tipo capre, trampolieri, cinghiali o granchi rossi.



Ci sono svariate tipologie di classifica riguardanti i litorali più belli del mondo e nessuno si è mai sognato di farci entrare Gordon’s… Beh, noi saremmo ben disposti a spodestare qualche immeritato vincitore e a sostituirlo con questo gioiello. La baia è talmente ampia che definirla come una sola spiaggia risulta quasi riduttivo: in essa ne sono armoniosamente inglobate almeno quattro, con caratteristiche differenti e sorprendenti. Chi cerca i colori folgoranti dei panorami marini esotici, qui soddisferà abbondantemente le proprie aspettative: i martin pescatori si rincorrono sulla battigia bianchissima, le conchiglie riverberano di rosa in madreperla e le acque dimenticano le trasparenze iniziali per alternare tutte le tonalità di azzurro e verde, a seconda delle profondità, non sempre in aumento progressivo verso il largo. In cielo si possono ammirare le acrobazie di molte specie di uccelli e in acqua, anche vicino a riva, si alternano varie famiglie di pesci; qualcuno ha anche raccomandato grande attenzione a bagnarsi qui, per la presenza di squali, attirati dagli scarti dei pescatori. La zona è stata devastata dagli ultimi due uragani: oltre alle case degli uomini ne hanno pagato il prezzo anche gli alberi, molti dei quali sono stati sradicati, soprattutto i più alti, infatti la vegetazione è composta fondamentalmente da cespugli, con grande dispiacere di chi troverebbe volentieri un po’ di tregua dal sole, sotto la chioma di una palma.

GALLOWAY
Si trova a pochi km dall’Harbour Breeze sul lato caraibico. Per raggiungerla da Clarence Town procedendo verso sud, dopo il secondo stagno sulla destra, si gira a destra in prossimità di una curva su una strada asfaltata, con qualche buca, che arriva direttamente nella parte nord della spiaggia.
Si può parcheggiare qui oppure proseguire sulla sinistra fino a che si incontra un ponte in prossimità della foce dello stagno. Qui si trova la parte più scenica della lunghissima spiaggia e ci sono alcuni alberi di casuarina (una rarità su quest’isola), la cui ombra consente una sosta prolungata, senza timore di essere bolliti, o arrostiti, da un sole che picchia come un forsennato.
Ci sono alcune abitazioni e un paio di postazioni per il barbecue e incontriamo addirittura due persone.
E’ incantevole e ci riporta a modificare ulteriormente la top ten! Ci troviamo su una spiaggia lunghissima che potrebbe essere suddivisa in minimo cinque o sei, soprattutto dopo la foce della laguna interna che si riversa in mare, con una frizzante corrente con cui i pesci, tra cui una splendida razza, giocano in evoluzioni coinvolgenti. Per attraversare il canale si può passare con la bassa marea oppure utilizzando un ponticello interno.
Quando si cammina per kilometri su una spiaggia ed al ritorno gli unici segni che si vedono sulla sabbia sono le proprie impronte al contrario, lasciate all’andata, si capisce di essere veramente soli, nel tempo e nello spazio, con un mare d’avorio e smeraldo, immenso, di fronte. Difficile trovare qualcosa di più bello di Galloway, dove i paradisi artificiali cedono le armi di fronte a quelli naturali.
 

 
  

DUNMORE
Una giornata di trottoleria spiaggifera ci porta a tentare di verificare la validità di alcune foto viste online in cui Dunmore pare avere un litorale eccezionale… e infatti così non è: dopo aver attraversato l’abitato, deviando dalla Queen Highway, prendiamo la sterrata che arriva direttamente al mare e troviamo una spiaggia brutta e sporca con l’oceano senza protezioni e quindi libero di scatenare la sua enfasi, che da un certo punto di vista è anche logico e affascinante, ma per chi cerca baie tranquille, dove nuotare in sicurezza, è una vera delusione. La domanda sorge spontanea: “ma quelli che pubblicano roba in rete non potrebbero documentarsi un po’ meglio?!?”

CABBAGE POINT E FORDS LANDING
Per raggiungere Cabbage Point si procede da Clarence Town verso sud e, dopo 5 km dall’abitato di Roses, subito dopo il benzinaio e lo sfasciacarrozze abbandonati, si gira a destra e si imbocca una strada ben tenuta per un km e 300 metri.
Cabbage Point è una “piccola” chicca sabbiosa. Qui è tutto abbagliante di luce e bellezza, persino la laguna interna fa venire voglia di buttarsi alla fanfasò, ed il paesaggio, se possibile, è ancora più solitario e silenzioso che mai; dopo essere stati così fortunati, ma anche ingegnosi, da essere stati in questi luoghi magici ed incontaminati, qualsiasi altra località, con anche solo due persone a centinaia di metri di distanza, ci sembrerà affollata. C’è una tale vastità ed ogni angolo sembra invitare alla sosta, per contemplare la dolcezza delle immagini. A livello emozionale è difficile contenere l’entusiasmo e la sensazione di assoluto benessere è amplificata dal fatto di non percepire alcun pericolo: si gode sempre di un’atmosfera di totale sicurezza, nonostante la solitudine.
  


Il sud sembra essere stato più colpito dagli uragani: si può toccare con mano la desolazione e quasi pure la rassegnazione dell’abbandono, ma vi è qualcosa di poetico in località apparentemente meno esaltanti come, ad esempio, Fords Landing, raggiungibile a piedi da Cabbage Point (o procedendo sulla strada dopo Cabbage per circa 600 metri fino ad un piccolo molo).
  
 SPIAGGE ZONA CENTRALE (TRA CLARENCE TOWN E SALT POND)
DEAN’S BLUE HOLE E TURTLE COVE
La strada per raggiungerli è ben segnalata lungo la Queen Highway sulla destra arrivando da Clarence Town, di fronte al Lloyd's Restaurant & Sports Lounge. Un cartello avverte che la strada è privata ed è chiusa dalle 7 pm alle 6 am.
Dean’s Blue Hole è l’highlight dell’isola, la peculiarità che l’ha resa famosa in tutto il mondo. E’ effettivamente una sensazione unica trovarsi di fronte ad un buco blu, con abisso di oltre 200 metri a pochi centimetri dalla battigia: sabbia di borotalco, trasparenze delicate e poi, improvvisamente le profondità più oscure e misteriose di una fossa dalla circonferenza perfetta. Per rendere a pieno la spettacolarità del fenomeno bisognerebbe scattare una foto dall’alto, possibilmente dal centro del cerchio; non disponendo, però, di superpoteri o dei famigerati sistemi tecnologici condensati nei tanto amati droni, diffusi come varicella in tutti i reportage di viaggio, proviamo ad arrampicarci sulle rocce adiacenti e a fare del nostro meglio.




La spiaggia di Turtle Cove, dove nidifiano le tartarughe, che ospita il Blue hole di Dean potrebbe essere un’altra incredibile perla, se non fosse così trascurata. Speriamo solamente in una casualità e di esserci trovati qui in un brutto momento e che dopo qualche giorno arriverà un volenteroso addetto della municipalità a dare una bella ripulita, rimuovendo le alghe marcescenti, ma soprattutto rifiuti d’ogni forma e materiale, principalmente plastica, provenienti dal mare, ma sicuramente anche da qualche visitatore bipede, dalle scarse capacità cerebrali… penoso!!!
BONNIECORD & LOWES
Dalla svolta per Turtle Cove procedendo verso Clarence Town, dopo 2 miglia e un quarto, si trova una strada a sinistra in prossimità del cartello per Compass Rose Guest House parecchio accidentata che conduce alle spiagge dopo circa 600 metri.
Non abbiamo elementi certi per individuare e affermare quale sia l’una e quale sia Bonniecord e quale Lowes, perché le descrizioni in nostro possesso non sono molto attendibili e molte persone del luogo non hanno mai sentito questi nomi o ne usano altri, o se ne fregano di dare un nome a qualcosa che conoscono da sempre e che, al massimo, chiamano spiaggia.
Usiamo il parametro del Compass Rose guesthouse ormai chiusa e in vendita, che aveva belle stanze con vista su Lowes e desumiamo quindi che questa sia la lunga distesa che si srotola a perdita d’occhio, sotto il rumore delle onde smeraldo che risucchiano la bellezza dalla terra, con scenici promontori rocciosi e faraglioni simil piccoli apostoli. E che Bonnie Cord, di conseguenza, sia la deliziosa bomboniera, chiusa al blu dell’oceano da braccia di roccia e corallo, creando una piscinetta naturale dai colori pastello e dalle temperature tiepide che accarezzano la pelle coccolando lo spirito, in un bagno che non si vorrebbe smettere mai, soprattutto se si fa amicizia con un pesciolino irriverente, che si fa sempre più curioso, abbandonando il timore dell’uomo, prendendo maggiore confidenza, in un gioco dalle mille evoluzioni… Arrivederci amico pinna gialla.
  



TURNBULL
Prendendo la strada adiacente al Lloyd’s Restaurant & Sports Lounge si scende per circa tre kilometri e si arriva ad un bivio dove una deviazione attraversa la laguna interna e conduce alla piccola spiaggia di Turnbull, molto tranquilla e quasi mistica, con il cimitero del paese alle spalle. Nonostante il fatto di capitare qui nel tardo pomeriggio, si possono ammirare colori pacificanti che, in pieno sole, probabilmente saranno ancora più accattivanti.

GUANA CAY
Una volta raggiunta la destinazione Bower’s Settlement (in località Pinders) giriamo nella prima strada di sabbia a destra (con dinicazione Cocconut Bay).
Alcuni soggetti strani l’hanno definito la più bella di Long Island; in un mondo in cui l’oceano se ne sta buono buono e non riversa nella baia tutte le alghe e la sporcizia di cui è capace, si potrebbe anche avvalorare questa tesi, perché l’ambientazione è sicuramente molto scenica, ma in queste condizioni preferiamo orientare la nostra massima votazione altrove.
  
SPIAGGE A NORD DI SALT POND

NORTH SALT POND
Si raggiunge imboccando la strada di fronte al Farmers Market in località Salt Pond ed è una spiaggia tipicamente oceanica e, se le onde si mantengono sempre di questa entità, si presta più ai surfisti che ai bagnanti. E’ abbastanza trascurata ed effettivamente perdibile (sempre considerando il numero di spiagge eccezionali presenti sull’isola).
 

INDIAN HOLE POINT
E’ indicato lungo la Queen Highway dopo Salt Pond, ma non presenta una vera spiaggia. E’ carino per il pranzo fermarsi al Tiny Hurricane Hole.
MCKANN’S
Provenendo da Clarence Town e superato l’abitato di Salt Pond, poco dopo il cartello per Indian Hole Point sulla sinistra si incontra un centro giovanile. Si imbocca quindi la strada di fronte al centro indicata da una piccola freccia di legno.
Si incontra dopo poco una curva a sinistra, passata la quale, dopo circa 400 metri si gira a destra (c’è un cartello che indica un resort) e si passa in mezzo a due stagni. Subito dopo si incontra un nuovo stagno sulla destra e si può parcheggiare nei pressi della casa blu.
La spiaggia è molto più affascinante di North Salt Pond, anche se sarebbe molto più accogliente con meno vento, come da foto viste online. Comunque anche in questo “stato” è una baia dai colori sorprendenti.
 
WHYMNS
Procedendo verso nord nei pressi dell’abitato omonimo si imbocca una strada sulla sinistra (precisamente la strada successiva a quella che indica il tropico del cancro) che conduce direttamente in spiaggia.
Si trova sul lato caraibico ed è proprio ciò che ci si aspetta da una spiaggia caraibica: distesa lunghissima e alberi di casuarina a fare un po’ d’ombra. Nonostante la sabbia non sia il solito borotalco accecante, l’acqua si tinge di tonalità da evidenziatore fosforescente, ma non presenta la cristallinità assoluta che invita al tuffo immediato. Qui ci sono diverse possibilità d’alloggio, di conseguenza non ci si sente completamente isolati, come in altri contesti precedenti. C’è anche una residenza dal design avveniristico, ma che pare sia stata momentaneamente dimenticata.

DEALS
La splendida spiaggia di Deals (a circa un’ora da Clarence Town), si trova proprio di fianco alla Queen Highway in prossimità dell’abitato omonimo. Si tratta di una lunga lingua di sabbia pervasa da casuarine, quindi con moltissime possibilità d’ombra, ideali per picnic e bivacchi d’ogni tipo, un po’ meno per stendersi con il pareo, perché è molto stretta e c’è pochissima sabbia asciutta, ma è un vero peccato, perché l’acqua è talmente trasparente e ferma, nonostante non ci siano apparenti ripari, da far venire voglia di entrarci, anche solo per darle un po’ di movimento. C’è anche un baretto carino.
  

CAPE SANTA MARIA E GALLIOT CAY
Per giungere a Cape Santa Maria dall’Harbour Breeze impieghiamo circa un’ora e venti minuti.
Ci si arriva seguendo il cartello che indica il Cape Santa Maria Beach resort, dove si può parcheggiare e con un breve passaggio entrare in spiaggia.
E’ uno dei postoni di mare più mitici della storia dei postoni di mare, non per niente ci hanno costruito (fortunatamente con gusto) un resort e ville di lusso. La visione è allucinante, tutto è perfetto: il lucore e la consistenza della sabbia, farina sempre fresca tra le dita dei piedi, con un bagnasciuga molto profondo, dove invece è compatta e consente quindi di camminare, o ancor meglio, di correre, con assoluta naturalezza e senza alcuno sforzo. Il Mar dei Caraibi qui dà il meglio di sé, sfoderando quel colorino che sta tra il celeste, l’azzurro, lo smeraldino ed il latte e menta fosforescente e quando ci si tuffa è una liberazione dei sensi e par di stare in un bagno di cobalto e bicarbonato solvay, rinfrescante ed avvolgente. Quando ci capitiamo noi c’è un po’ d’onda e risacca e questo gioco smuove la sabbia sul fondo, rendendo l’acqua meno trasparente del solito, ma leggermente torbida, per quanto si possa utilizzare questo aggettivo ignobile per una meraviglia simile. Si trovano parecchi alberi, quindi è possibile trascorrervi diverse ore senza il timore di un’insolazione o di essere avvicinati dagli ospiti del resort che, evidentemente, se ne allontanano solamente in auto, in barca e qualcuno anche in aereo, visto che c’è una piccola pista d’atterraggio per velivoli privati… In ogni caso la rena si estende così a lungo che si riuscirebbe a trovare uno spazio riservato anche se ci fossero cinque o sei albergoni a dieci piani.
 


Avendo voglia di fare una bella sgambata ed un po’ di cross tra rocce e sentieri cespugliosi (meglio portarsi le scarpe per questi attraversamenti se non si vogliono raccogliere sotto le piante dei piedi tutti i pallini spungiglini della zona), si può procedere verso sud.
 
Dopo il primo ostacolo roccioso si ritorna a toccare, con ovazione e ringraziamento alle più svariate divinità, da quelle nordiche a quelle asiatiche, una lingua di sabbia (che pare ancora più morbida e rinfrescante), corribile in scioltezza in circa quattro minuti; poi ancora rampeghini da escursionismo blando, ma sempre con attenzione. Qualche gentiluomo ha pensato di mettere un punto di ristoro per gli accalorati esploratori (non è vero, probabilmente se ci si sdraia su quell’amaca ci si becca un rosone di pallettoni… qui non abbiamo ancora avuto le brutte esperienze di Eleuthera, ma gli americani ricchi non sembrano avere un gran senso dell’umorismo, quando si parla di proprietà privata e pensare che qualche coglionazzo vorrebbe replicare lo stesso atteggiamento anche in Italia… Mah?!?)
Si ridiscende sul candore di Galliot Cay Beach, calpestabile fino al vertice con una corsetta di nove minuti.

Per raggiungere Galiot Cay in auto si segue l’indicazione per il Cape Santa Maria Beach Resort e invece di andare a destra al bivio a t si segue il cartello sulla sinistra pe il Galliott Cay residence che non è altro che una serie di (poche) ville pazzesche sul mare. Si può lasciare l’auto lungo la strada in uno dei tanti punti liberi.
COLUMBUS MONUMENT
Siamo in dubbio se azzardare o meno un tentativo sull’orrenda strada che conduce al monumento a Cristoforo Colombo.
Poco dopo la strada per il Cape Santa Maria verso nord sulla sinistra è indicato. La strada è veramente dissestata e ci vogliono 15 minuti per percorrere i 2,8 km.
Alla fine prevale l’istinto avventuroso e quando arriviamo a destinazione troviamo una bella spiaggetta, ma sarebbe un po’ poco per giustificare tanta fatica, poi però saliamo sulla ripida via d’accesso al monumento e prima di giungervi scorgiamo con la coda dell’occhio, sulla destra, una terrazza che si affaccia su un paesaggio eccezionale che ci dona una meravigliosa visione d’insieme, dalla quale traiamo ispirazione per una camminata alla ricerca di tutto quell’azzurro.
  

NEWTON
Ci dispiace assai salutare Cape Santa Maria, ma la strada del ritorno è abbastanza lunga (più di ottanta kilometri) e prima vogliamo andare a vedere la nascosta spiaggia di Newton, (si raggiunge tramite un sentiero proprio dove finisce la strada all’estremità nord dell’isola nei pressi di un parchetto curato) che però è abbastanza deludente, per la sporcizia portata dalle onde ed è una grossolana bestemmia, perché l’ambientazione circostante è da spettacolo della natura.

STELLA MARIS, ROCK POOLS E LOVES BEACH
Seguendo l’indicazione per l’aeroporto e il Resort di Stella Maris lungo la Queen Highway, e imboccando poi la quinta strada sulla destra si entra in Ocean Drive e si attraversa un insediamento residenziale molto esclusivo.
La spiaggia di Stella Maris che si trova in un perfetto scenario oceanico. 

Proseguendo sulla Ocean Drive si trovano i cartelli che indicano la direzione per raggiungere Rock Pools

 
e più avanti Loves Beach, entrambe molto suggestive, ma penalizzate da un moto ondoso estremamente vivace, che probabilmente lo è meno in alcuni momenti, nei quali le pools sono delle placide e tiepide tinozze e le loves balneabili in sicurezza.
CLARENCE TOWN
La “visitiamo” in una giornata di cielo molto nuvoloso e scrosci di pioggia, nell’attesa che la situazione meteo si ristabilisca, consentendoci di andare ad apprezzare nuove spiagge (siamo fiduciosi) ci rechiamo alla marina dove c’è un bel molo transitabile a piedi dal quale godere di un paesaggio nautico aperto e della costa, dalla prospettiva delle barche in arrivo. Giriamo dietro al Lighthouse e troviamo una spiaggia di paese dal tipico approccio oceanico, mentre la parte anteriore, protetta dal porticciolo è molto più intima e delicata. Il fighettismo del circolo nautico si può notare da come vengono curati anche gli spazi comuni.
 

CIBARIE
Le Bahamas non sono il posto migliore per nutrirsi.
Ci sono alcuni supermercatini con prezzi alti. Uno dei più forniti è il Hillside Market a Salt Pond che, a quanto pare, è il più fornito di prodotti agricoli freschi. In realtà la prima volta che ci andiamo c’è solo un po’ di frutta e qualche pomodoro molliccio e addirittura due melanzane appassite…
La situazione migliora nei giorni in cui arrivano i rifornimenti da Nassau e tutti i negozi dell'isola sono più forniti, senza esagerare però.
Quindi ci rassegniamo definitivamente ad affrontare due settimane di sopravvivenza alimentare; compriamo le solite minchiate a prezzi mostruosi e ci complimentiamo con noi stessi per aver portato una buona scorta di pane elfico dalle terre d’origine. Vicino all'Hillside Market c’è anche un liquor store dove acquistiamo quattro bottigliette di Kalik (una birra di produzione bahamense) alla modica cifra di 14 dollari… conviene andare al bar…
A Clarence Town non ci sono supermercati ma si possono comprare alcuni prodotti alla panetteria di Erica's Bakery & Shop, la casa arancione sull’altura.
Ogni sabato mattina a Salt Pond si tiene il Farmer's Market, dove si possono acquistare prodotti agricoli e di artigianato locale.
I ristoranti sono pochi e cari. Noi ne proviamo tre.
Il Tiny's hurricane hole, carino per il pranzo, con dei piatti decenti.
Il Lloyd's Restaurant& Sports Lounge, a pochi km da Clarence Town, che ha prezzi buoni ed anche della qualità del cibo non ci si può lamentare; lo spezzatino di montone, per esempio, è un piatto discreto, ci sono due contorni a scelta, inclusi nel prezzo accessibile di 15 dollari.
Il Lighthouse Point Restaurant, presso il porticciolo di Clarence Town, che ha l’atmosfera sofisticata di un marina club, i prezzi di un ristorante fighetto con chef rinomato, peccato che in cucina, invece, ci sia qualcun altro, per cui il risultato è un po’ triste, ma da queste parti sappiamo che non possiamo aspettarci troppo. Il piatto migliore è il taco con il pesce, i gamberi o l'aragosta.
Dopo due settimane ce ne andiamo da Long Island con un aereo più piccolo ancora di quello utilizzato all’andata; il pilota seleziona personalmente i passeggeri, distribuendoli nell’abitacolo per bilanciare il peso: prima i più voluminosi, e non deve essere un’operazione da svolgere facendosi scrupoli di delicatezza e timor d’offendere l’amor proprio degli invitati a prender posto, ed ultimi noi che finiamo in una specie di bagagliaio con il palo di sostegno reggicoda dell’aereo in mezzo alle gambe e così inizia l’odissea del ritorno, che si protrae ulteriormente per un ritardo del volo Miami-Madrid che ci fa perdere la coincidenza per Milano… Abbiamo volato quattro volte con Iberia e tre di queste ci è successo lo stesso inconveniente, per il quale, questa volta decidiamo di richiedere un rimborso…
Lasciamo Long Island anche con un bagaglio di emozioni vivissime nel cuore e la consapevolezza, nella mente e nel ricordo, di avere visitato un’isola stupenda e, sicuramente, uno dei posti al mondo con il mare più bello, e con il ricordo di un luogo in cui si vive in perfetta armonia, ci si saluta sempre con tutti, sorridendo e facendo svariate tipologie di gesti, dove c'è solamente la consapevolezza di essere umani, piccoli di fronte all'immensità dell'universo, ed il rispetto per la natura che può essere prodigiosa e benevola, ma anche crudelmente devastante.



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