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mercoledì 4 giugno 2025

Uzbekistan

VENERDÌ 11 APRILE 2025

Abbiamo prenotato tramite Booking un volo Uzbekistan Airways di andata su Urgench da Malpensa T1 e ritorno da Tashkent il venerdì successivo (1112 euro per due persone, compresa l’assicurazione di viaggio), in modo da poter visitare le principali città del Paese ed ottimizzare i trasferimenti in treno, senza dover ritornare all’aeroporto iniziale. Per evitare il traffico dell’ora di punta nei pressi della barriera di Milano partiamo con largo anticipo, fortunatamente, perché svalichiamo in scioltezza Agrate ed il resto del tratto autostradale fino a Somma Lombardo dove, per un incidente, si forma una coda interminabile che non va avanti di un millimetro. Quando realizziamo che di questo passo faticheremo a raggiungere il parcheggio riservato con ViaPark in tempo utile e che la navetta potrebbe doversi rificcare nello stesso marasma, dando il colpo di grazia alla nostra partenza, svicoliamo verso un’altra soluzione, che troviamo nel Kameha park in cui spendiamo quasi il doppio, ma che ci permette di trovarci al banco del check-in con la migliore tempistica. Il personale di terra è gentile ed efficiente, quello di cabina leggermente meno, o sicuramente un po’ strano nella gestione delle normali procedure: sembrano tutti neoassunti che non abbiano ricevuto un’adeguata infarinatura formativa. L’aeromobile è in buone condizioni anche se il sistema di intrattenimento andrebbe migliorato, soprattutto per quanto concerne il doppiaggio in inglese dei film proposti; ma non è importante perché la durata del volo si riduce a poco più di cinque ore che cerchiamo di sfruttare per dormire e non arrivare devastati nell’albeggiare tiepido di Urgench.

SABATO 12 APRILE 2025

All’atterraggio schizziamo fuori dal portellone e a piedi attraversiamo un pezzo di pista (c’è solo il nostro aereo) ed il disadorno aeroporto. La pratica di immigrazione è rapida ed efficace, priva di convenevoli e domande superflue, perciò in pochi secondi ci ritroviamo oltre il cancello della recinzione, sul marciapiede, dove ci incontriamo con l’autista che ci ha prenotato la guesthouse Islam Khodja a Khiva dove dormiremo e prenderemo la prima colazione per 54 dollari (il trasferimento costa 15 dollari per circa 40 kilometri di strada).
In parte perché sono le 6 di mattina e in parte perché qui non hanno quattro auto per un nucleo familiare di tre persone, in poco più di mezz’ora siamo davanti alla porta dell’albergo. L’addetto alla reception è molto accogliente e disponibile. Siccome è sabato e le banche sono chiuse cambiamo 100 euro in Sum dal nostro nuovo amico ad un cambio leggermente sfavorevole, ma che ci permetterà di uscire, più tardi, in tutta tranquillità, anche se, a differenza di quanto letto e ipotizzato, molte spese si possono sostenere anche con la carta di credito. Quando si cambiano 100 euro in Sum si ha l’effimera sensazione di essere diventati milionari… La stanza non si è ancora liberata, giustamente i clienti della notte precedente devono fare colazione, poi si vedrà, nel frattempo ci accomodiamo con altri viaggiatori spagnoli sui divani della hall. Verso le 9.30 prendiamo possesso della camera e, dopo un paio d’ore di pennica, partiamo alla scoperta dell’incantevole Khiva… Chi va a Khiva?!? NOI!!! Paghiamo 500000 Sum per i due biglietti di ingresso alle principali attrattive locali (e già il milionario che c’è in te s’è dato una ridimensionata) e ci addentriamo nei vicoli che si dipartono dalle due arterie principali che uniscono le quattro porte della città fortificata. Tra architettura militare, civile e religiosa lo sguardo è rapito ad ogni svoltare d’angolo: i palazzi, le madrase, le moschee, i minareti, i mausolei e persino gli alberghi e i ristoranti rifulgono per raffinatezza ed eleganza, distribuendo forme armoniche e pregiate decorazioni, insieme all’arredo urbano, i viali ed i giardini perfettamente curati, le aiuole fiorite ed i bazar coloratissimi, tutto pulito e profumato in un amalgama di piacevolezza reso ancor più completo e realizzante dalla cordialità delle persone, dai bei sorrisi sulle fisionomie particolari, figlie di un mescolarsi millenario d’etnie e culture non lontanissime, ma profondamente identitarie: la robustezza del caucasico e la sfrontatezza del balcanico, ingentilite dalla misteriosa dolcezza d’asia che sa di racconti mitici e favole trasognanti. E le fragorose risate dei bambini che nel tardo pomeriggio diventano, per un po’ di tempo, i veri padroni della città, uscendo a giocare, cospargendo i cortili, le strade e le piazze di contagiosa allegria. Le mura di cinta, le porte, i merli e le torri, i bastioni, nonostante siano fatti di fango e possano apparire come giganteschi castelli di sabbia, danno un senso di forza e protezione, come a voler difendere a tutti i costi questa reale e delicata atmosfera da fiaba che si fa ancora più suggestiva con il calar della sera, quando l’imbrunire accarezza le coscienze, i tappeti ed i cuscini sembrano ancor più morbidi ed accondiscendenti e le rondini vogliono rubare la scena ai ragazzini, sprigionando la loro vitalità fra i tetti e l’assoluto. La magia è completata quando s’accendono lampioni ed i monumenti s’affettano di luci ed ombre, ricavandosi una faccia nuova. E se qualcuno ha detto di lei ch’è troppo ruffiana nella sua bellezza esageratamente artificiosa, Khiva s’allontana sculettando maliziosa per andare a farsi coccolare da chi, invece, come noi, l’ha trovata semplicemente meravigliosa ed adorabile. Ma poi come si può pensare che il fascino di una città non sia artificiale? Rallegriamoci, tuttalpiù, che l’uomo qualche volta sia riuscito a fare qualcosa di così prezioso.










Facciamo una passeggiata anche fuori dalle mura, dove si trova ancora qualche edificio storico ed altri più moderni, in un contesto sempre molto ordinato, per vedere dove si trova la stazione ferroviaria (a circa 1.5 kilometri). Qui intorno ci sono lavori in corso di riqualificazione del suolo, perciò per domani che dovremo venire a prendere il treno per Bukhara ci accordiamo con il nostro albergatore per un transfer in auto che ci fornirà gratuitamente (molte grazie).



 

DOMENICA 13 APRILE 2025

Dopo una buona colazione usciamo a goderci ancora un po’ lo splendido centro storico baciato da un sole glorioso che rende la passeggiata assai gradevole. Visitiamo le poche cose che avevamo trascurato ieri, come ad esempio la Juma Mosque con le sue colonne di legno intarsiato, ma soprattutto il giro di ronda sulle mura, che purtroppo non è un vero giro, perché si deve ritornare al punto di salita (porta nord, ingresso 40000 sum) senza aver percorso il periplo completo, ma solo un tratto avanti e indietro che comunque offre scorci panoramici di sicuro effetto. Di domenica, se possibile, la città è ancor più gioiosa con la folta affluenza di visitatori locali, in special modo giovani incuriositi dall’insolita presenza fisica rock occidentale death metal che fa saltare alla memoria i ragazzi del Myanmar che non avendo, probabilmente, mai visto un metallaro in carne ed ossa, non vedevano l’ora di fare due chiacchiere e scattarsi una foto insieme (beata ingenuità che sembrava ormai scomparsa dal globo).

 





Pranziamo all’aperto all’ultimo piano dell'ottimo ristorante La Terrassa, con vista eccezionale, e dopo un’ulteriore sgambatina digestiva, ci rechiamo alla stazione di Khiva, come promesso, accompagnati gratuitamente in auto, per prendere il treno delle 15.13 per Bukhara. Anche la linea ferroviaria non è molto trafficata infatti in partenza c’è un treno solo, il nostro, che ci porta a fare un altro tuffo nel passato, perché era dai tempi delle superiori che non si vedevano vagoni con le cuccette in stile Hercule Poirot in decadenza. I biglietti si possono acquistare online sul sito delle ferrovie dello stato uzbeche Uzbekistan Railways, che fornisce il servizio con discrete prestazioni di efficienza. Da ciò e da altre informazioni racimolate qua e là pensavamo di trovare qualcosa di leggermente più moderno, ma tutto sommato l’esperienza è divertente. La stazione di Bukhara1 dove arriva il convoglio è piuttosto lontana dalla città (circa 18 kilometri), praticamente in un altro agglomerato urbano, quindi si perde il lato positivo dello spostarsi in treno, che solitamente ti conduce in pieno centro, mentre in questo caso è necessario richiedere un servizio di trasporto al hotel di destinazione che ci costa solo 7 dollari, ma che toglie quel tocco di poesia del viaggio su rotaia, assimilando la stazione ad un terminal aeroportuale. Bukhara conta all’anagrafe municipale 295000 abitanti che non sono esageratamente tanti, ma la differenza con la piccola e raccolta Khiva si nota immediatamente all’arrivo in auto: ci sono stradoni a tre corsie per senso di marcia ed il traffico è più caotico, ma fortunatamente scorrevole. Il nostro autista è anche pugile, ma soprattutto gestore della guest house Khalid Boutique (157 usd per 3 notti con colazione e in posizione ottima, tranquilla e vicino al centro storico). Tutto ciò senza sapere una parola di inglese, d’altra parte noi sappiamo un paio di sostantivi uzbechi, ma ciò non fa certo decollare la conversazione, poi entra in scena la tecnologia sotto le spoglie di google translator e del convertitore di moneta, così riusciamo almeno a concludere il contratto e prendere finalmente possesso della nuova, spaziosa e confortevole stanza al piano terra i cui interni sono decorati ed arredati in maniera pregevole.

LUNEDÌ 14 APRILE 2025

Dopo un’abbondante e buona colazione usciamo alla scoperta della città di Bukhara, cominciando dalla cittadella fortificata per cui si paga un biglietto di ingresso di 60000 Sum a cranio. Se a Khiva tutto il bello è raccolto come in una bomboniera all’interno delle mura, qui vale esattamente il contrario anche se, comunque, l’interno del Ark merita una visita e tra un merlo e l’altro, dall’alto, si gode di una vista superba del panorama intorno. Si riesce già a scorgere una piccola anticipazione di ciò che si andrà ad approfondire a piedi, ma l’antipasto è sicuramente meno saporito delle portate seguenti, infatti man mano che ci si addentra nel centro storico, dopo aver ridisceso la scalinata del Ark, si incontrano edifici raffinatissimi come la Kalon Mosque (ingresso a pagamento 15000 Sum) e l’attiguo minareto, con un cortile interno super fotogenico e, dirimpetto, la decoratissima facciata della Mir-I Arab madrasa. Poi attraversiamo la zona dei bazar dove ce ne sono tre veramente belli ed accattivanti per acquisti di artigianato di tutti i tipi: dal legno intarsiato all’argento martellato, dai tessuti coloratissimi alle ceramiche sgargianti… Per chi ama i copricapi c’è l’imbarazzo della scelta e si consiglia di arrivare con una borsa vuota (o comprarla qui, visto che sono ben fatte anche quelle) e fare incetta per il resto della vita. Di grande effetto scenico sono le due madrase che si guardano da un lato all’altro della strada: la Abdul Aziz Khan e la Ulug Beg. 

















 

Dopo una pausa pranzo rinfrancante al Temir restaurant dove ci sbafiamo un bel piattone di traditional plov, visitiamo la più antica moschea sopravvissuta dell’asia centrale (Maghok-I-Attar Mosque) con gli attigui scavi archeologici (di scarso interesse) per poi spostarci nella zona della piazza Lyabi-Hauz su cui si affacciano Nadir Divanbegi Khanaka e la madrasa omonima. Anche qui si possono trovare pregevoli fatture artigianali, in particolar modo piatti di ceramica dipinta, inoltre vi è una piscina ed un canale (e subito c’è chi fa scattare il paragone: la Venezia delle ex province sovietiche!) Nel giardino c’è la statua di Hoja Nasruddin, un saggio pazzo che compare in tutti i racconti sufi, con cui la maggior parte dei passanti si immortala facendosi fotografare ed anche noi non ci possiamo certo esimere, quando si tratta di follia… eccoci pronti! Una scolaresca ci chiede se possiamo passare un po’ di tempo con loro a parlare in inglese: studiano la lingua e sono desiderosi di confrontarsi con persone provenienti da altri paesi del mondo; ci domandiamo il motivo per il quale i nostri ragazzi abbiano perso questo tipo di commovente curiosità, e noi tutti un po’ di quello slancio all’interazione umana, considerando lo sconosciuto semplicemente come un amico che non avevamo ancora incontrato (a stranger is a long awaited friend), rifugiandoci in una bolla di apatia ed individualismo…














Girovaghiamo ancora nell’armonico centro cittadino, fino a che i piedi reclamano un po’ di liberazione e respiro. Poi il sole comincia ad essere meno gagliardo e l’aria tiepida accarezza la pelle arrossata, si accendono le prime fioche luci della sera ed è il momento di andare a cercare un posto per la cena. Lo troviamo nell’ottimo ristorante Zolotaya Buhara dove ci sediamo ai tavolini all’aperto come nella più classica e romantica atmosfera estiva e rilassante, circondati dalla bellezza del centro storico illuminato in modo sapiente. Squisiti i manti e prezzo conveniente; buona anche la birra uzbeka Sarbast.

MARTEDÌ 15 APRILE 2025

In mattinata visitiamo la parte di Bukhara che si trova dall’altra parte dello stradone davanti al Ark, inoltrandoci nel quartiere che si sviluppa proprio dietro la torre di ferro dell’ex acquedotto. Qui si incontra subito la moschea Bolo Hauz con il suo incantevole porticato a colonne e controsoffitto decoratissimo. Più avanti si entra nel Samani Park, un’area verde dove ci si riunisce in gruppi festosi e, se si vuole fare un salto in un recente passato un po’ decadente, si può fare il giro delle attrazioni del luna park; sono state allestite anche delle fontane per giochi d’acqua ed un ampio palco per esibizioni varie. Prima però è d’obbligo una tappa al Chashma Ayub mausoleo (ora museo dell’acqua), ma soprattutto allo splendido Ismail Samani circondato da un bel giardino con piscina ed aiuole fiorite. La struttura di questo mausoleo è solida e compatta, ma allo stesso tempo elegante e articolata con un gioco di incastro di mattoni di diverse forme e dimensioni e posizionamento sulla struttura da far pensare ad una composizione priva di cemento o malta legante. Chi avesse voglia di un’esperienza diversa dalle solite bancarelle d’artigianato a souvenir, potrebbe fare un giro all’interno del più essenziale mercato centrale. Bukhara ci è cara ed ormai l’abbiamo rivoltata come un calzino, ma avendo ancora energie da spendere, dopo pranzo ci riserva qualche ulteriore piacevole sorpresa, come ad esempio il quadritorruto Chor Minor, la Gaukusham medressa, il Turki Jandi mausoleum ed i nobili cortili della casa museo Fayzulla Khojaev.










 

MERCOLEDÌ 16 APRILE 2025

Dedichiamo la mattinata alle ultime esplorazioni del bellissimo centro di Bukhara per poi farci accompagnare dal nostro amico della guesthouse Khalid alla stazione ferroviaria dove prendiamo un treno veloce in stile giapponese (in questo caso lo Shinkansenev) con destinazione Samarcanda. Anche in questo caso abbiamo prenotato presso l’albergo dove dormiamo (il Salomat) un transfer, per cui un driver ci aspetta sul piazzale con un cartello recante il nostro nome: è un poliziotto che nel tempo libero porta in giro la gente con un’auto di dimensioni spropositate (un’ammiraglia della Chevrolet, che, considerando il numero di veicoli circolanti nel Paese, probabilmente ha qui un centro di produzione). Il traffico è nettamente più intenso rispetto a Bukhara e per percorrere una decina di kilometri impieghiamo più di mezz’ora. Fortunatamente riusciamo ad arrivare in tempo utile per visitare la poderosa piazza Registan, con i suoi bellissimi giardini, ma soprattutto con le sue tre madrase edificate dal XV al XVII secolo: la Ulugh Beg (la più antica del 1417), la Tilya-Kori e la Sher-Dor, dalle facciate e dagli interni decoratissimi, dagli alti minareti, le cupole e persino una piccola deviazione dai dettami musulmani che vietano l’utilizzo di immagini di esseri viventi sugli edifici religiosi. L’ingresso è a pagamento: 65000 sum a persona. Dopo svariati ragionamenti e qualche tentativo capiamo che il modo ottimale per pagare è l’utilizzo della carta di debito “mondo” BBVA che applica il 2% di commissione maggiorazione cambio contro il 4% delle normali carte di credito e sicuramente risulta difficile trovare qualcuno che cambi gli euro al tasso ufficiale, anche perché molti esercizi commerciali attualmente accettano il pagamento elettronico a differenza del recente passato e quindi, forse, non conviene portarsi dietro un cuscino di banconote da cambiare, ma solo lo stretto necessario per pagare gli alberghi, molti dei quali non hanno ancora il POS. 













 

Per la cena optiamo per il Sam pub che si trova in un angolo del parco del Registan ed offre buone birre, in particolare la rotonda american pale ale, mentre le vivande solide lasciano un po’ a desiderare, ma quando c’è un’ottima birra chi se ne frega del resto?!? Quando ripassiamo davanti alle tre madrase è ormai buio ed esse vengono illuminate con un gioco studiatissimo e di grande effetto, tanto che ci si attarda insieme ad un folto pubblico da stadio imbambolato ed ipnotizzato da tutta questa bellezza. La Salomat guest house (40 usd con colazione) si trova nelle immediate vicinanze, in un quartiere tranquillo ed ha stanze un po’ piccole, ma ben curate, con un bagno più grande della zona letto… ma si può?!? Comunque l’addetto alla reception è gentilissimo e ci da un sacco di informazioni e ci accompagna addirittura per un pezzo di strada.

GIOVEDÌ 17 APRILE 2025

Siamo molto fortunati dal punto di vista meteo, perché oggi erano previste precipitazioni certe, invece il cielo si è mostrato solamente più nuvoloso con tratti di apertura al sereno. Iniziamo la nostra visita della città con il meraviglioso mausoleo di Shah-I-Zinda dove per entrare si paga un biglietto del costo di 50000 Sum a persona, ma sono soldi assolutamente ben spesi perché il complesso riserva una sorpresa ad ogni angolo ed in ogni porta oltrepassata, con decorazioni a mosaico fittissimo alle pareti, stucchi ed intarsi di pregevolissima fattura. Anche la disposizione architettonica è di forte impatto visivo e se ne apprezza la complessità. Se alla partenza dall’Italia si poteva supporre di incappare a “lungo andare” in un approccio di ripetitività, ecco arrivare l’ennesima smentita e, così, si rimane incantati, a bocca spalancata, di fronte ad una nuova esperienza sensoriale stimolata dall’estetica e consolidata dall’approfondimento storico-culturale. Così anche la successiva tappa, che qualcuno potrebbe stupidamente definire come la solita moschea; invece Hazrat-Hizr non è affatto ciò, con la sua posizione sopraelevata ed il suo sviluppo articolato.

Percorrendo il ponte di ferro che scavalca lo stradone sottostante si giunge proprio davanti al Siob Bazar, un mercato multicolore in cui le bancarelle fanno bella mostra di ogni tipo di prodotto merceologico: dalle profumatissime forme di pane in carrozzella ad una variegata offerta di frutta e verdura, dallo sconfinato assortimento di dolciumi e torroni alle innumerevoli tipologie di calze e pedalini… All’uscita del bazar, in due passi, ci si trova di fronte all’immensità del mausoleo Bibi-Khanym, che se qualcosa cede al Registon, in termini di eleganza, largamente primeggia sul podio della vastità di spazio sottratta all’orizzonte ottico del viaggiatore, che qui si sente ancor più piccolo ed insignificante, messo in soggezione dalla mastodontica preponderanza degli imperi del passato. 











Proviamo la stravagante esperienza di andare a pranzo in un ristorante nostrano (dove probabilmente non vedono un forestiero dai tempi di Gengis Khan), il Samarqand plov Otash Osh, ma la nostra ordinazione è talmente semplice, quanto ovvia, vista anche l’insegna che ne specifica l’abilità culinaria principale, che non abbiamo alcun problema a superare le barriere linguistiche; l’alternativa sarebbe stata sventagliare una mano di taglio all’altezza dello stomaco. Spendiamo 60000 Sum per un piattone di plov con una teiera di verde come bevanda (birra manco a parlarne qui, ovviamente). Il bagno si trova in fondo alla via, all’interno di un cortile, pertinenza di un decrepito hotel a gestione familiare, e non è detto che la famiglia in questione sia la stessa. Ma tant’è ed alla fine ci si diverte anche, ed il piatto era di sicura qualità. Leggermente appesantiti mutuiamo la tecnica Montalbano con una bella passiata digestiva, ma al posto dello scoglio chiatto ci ritroviamo al Gur-E-Amir mausoleo circondato da bei giardini, come anche il più lineare Ruk Hobod, nelle immediate vicinanze. Poco oltre il teatro si giunge al vialone con parco pedonale al centro (una simil rambla, ma più ordinata) che culmina in un simil rondò all’interno del quale siede da tempo immemore, sul suo trono poderoso, un integerrimo Tamerlano dallo sguardo fiero e dalla postura severa. Facciamo ritorno in zona Registan per passare un po’ di tempo nei giardini e sui gradini davanti alla piazza, osservando e interagendo con l’umanità presente, nell’attesa che venga il momento di recarci alla stazione per prendere l’ultimo dei nostri treni, quello che in due ore e trenta minuti ci condurrà alla capitale. A proposito di ciò facciamo un’altra esperienza interessante, cioè per il trasferimento dal centro alla stazione ci affidiamo al servizio offerto dalla app Yandex (l'Uber locale) e che ci soddisfa pienamente con un costo si soli 22000 Sum. Ma prima di salutare l’antichissima Samarcanda non possiamo esimerci dallo scattare una foto ai piedi della grande statua dedicata a Islam Karimov, il primo presidente/fondatore del Paese, personalità molto amata dal popolo.


 

Il treno veloce da Samarcanda a Tashkent impiega il tempo previsto. A differenza delle altre stazioni in cui siamo scesi, non c’è il solito marasma di tassisti che si propongono per portarti ovunque tu voglia, anzi qui non c’è proprio nessuno, quindi se avevamo un dubbio se prendere la metro o meno per raggiungere l’albergo in cui abbiamo prenotato l’ultima notte (il Nest Inn, tripla senza colazione, ma con bollitore in camera, per 42 euro compresa la tassa di soggiorno e pagamento con carta di credito/debito) viene fugato automaticamente per mancanza d’alternativa. Scendiamo la scalinata verso l’underground e ci ritroviamo in una specie di garage sotterraneo privo di qualsiasi segnaletica. Un po’ a intuito un po’ scorgendo una luce più intensa, in fondo a sinistra, troviamo un corridoio al termine del quale si trova la Kassa per acquistare il biglietto (3000 Sum). Appena saliamo sul vagone un papà con i suoi due figli si alza in piedi per cederci i loro posti a sedere; a nulla servono le nostre moine di circostanza ed i tentativi di farli rimanere dove siano, d’altronde non siamo così anziani, incinti e nemmeno carichi come somari… Vero è che scendono alla fermata successiva, ma un altruismo del genere, probabilmente un rispetto per l’ospite anche se non dorme a casa tua, ci ridona una fiducia nell’essere umano che dalle nostre parti, invece, è morta e sepolta. La nostra fermata è Kosmonauta, infatti le pareti sono decorate sul tema. Ci sono due uscite diverse a seconda della direzione che si intende prendere: cosa fare ora, visto che ci sono scritte incomprensibili al nostro scarso repertorio linguistico locale?!? Ci sono solamente due persone: un poliziotto ed un’altra figura in divisa, forse un addetto alla metro. Chiediamo a quest’ultimo che con grande sicurezza ci indica la via. Sbuchiamo in superficie in una zona di grande percorrenza su arterie enormi a 4 e/o 5 corsie per senso di marcia. Ci orientiamo alla grande e raggiungiamo l’albergo dopo una passeggiata di un kilometro circa. La camera è molto accogliente e spaziosa.

VENERDÌ 18 APRILE 2025

Dopo una breve visita dei dintorni rientriamo in albergo e chiediamo all’addetta alla reception se ci può chiamare un’auto con Yandex per andare all’aeroporto (17000 Sum). Molto gentilmente lo fa ed aspetta lei stessa l’arrivo del veicolo sul marciapiede; anche questa piccola attenzione ci fa capire quanto le persone siano ancora disposte a prendersi cura degli altri e pone un valore aggiunto al già super positivo bilancio riguardante un viaggio entusiasmante che ci ha fatto innamorare di un Paese eccezionale, dalle mille sfaccettature coccolanti.