Ci sono dei luoghi che crescono dentro la memoria come fossero rampicanti e rotolano giù nelle stanze silenziose del cuore per rimanervi a riposare dolcemente; uno di questi luoghi è il Sudafrica, la meta del nostro ultimo viaggio, l’ultima destinazione di queste anime senza confini.
07.04.2002 Arrivati all’aeroporto internazionale di Cape Town abbiamo prelevato l’auto noleggiata tramite internet (una fantastica utilitaria marca Toyota TAZZ) e ci siamo diretti verso Kalk Bay, una simpatica località costiera sulla Cape Peninsula. Grazie alla guida Portfolio abbiamo trovato una eccellente sistemazione, il Clovelly Lodge,( pernottamento e prima colazione a 175 Rand - la quotazione del Rand era di circa 200 lire). La prima tappa è stato il Cape Peninsula National Park (entrata 25 Rand), in cui è possibile raggiungere il Capo di Buona Speranza, dove magicamente si fondono le acque degli Oceani Indiano e Atlantico. A Simon’s Town abbiamo visitato la colonia di pinguini di Boulder’s Beach, mentre sulla costa ci siamo fermati in paesi come Camps Bay, dalla cui spiaggia è possibile osservare un paesaggio montano veramente incredibile. La visita di Cape Town è stata alquanto sfuggente, non vi abbiamo trovato nulla di interessante. Partendo da Muizenberg, percorrendo la R44, una strada costiera assolutamente affascinante (il primo tratto attraversa una spiaggia, il secondo offre panoramiche dall’alto molto poetiche, mantenendo comunque la vicinanza del mare che, con il suo profumo particolare evoca magiche sensazioni di benessere, fondendosi a quello della bassa vegetazione della montagna, costante osservatrice dei moti ondosi in una splendida commistione tipica di questa zona) si passa da Betty’s Bay e da Kleinmond, dove è consigliabile fermarsi per una sosta e riempire gli occhi di superbe sensazioni visive nella bellissima spiaggia deserta. Qui il mare non è mai placido e silenzioso, ma consente agli amanti del surf di divertirsi un po’. Come primo trasferimento non ci siamo affaticati troppo: abbiamo deciso di fermarci ad Hermanus e pernottare presso il Potting Shed, B&B gestito da un simpatico irlandese, in Sud Africa da 30 anni. Per il pranzo ci siamo concessi l’accogliente terrazza del Savannah Cafè, da cui si gode una morbida veduta del golfo. Una bella passeggiata lungo gli scogli ci ha permesso di incontrare una famiglie di procavie del Capo. Ci siamo accontentati di questo avvistamento non essendo la stagione ideale per godere delle acrobazie delle balene. Da provare la cena al Fisherman’s Cave, soprattutto se si mangia all’interno del locale. Il mattino seguente siamo partiti in direzione Swellendam. E’ necessario specificare che i trasferimenti in auto non rappresentano affatto uno stress, anzi sono parte integrante di questa meravigliosa vacanza, in quanto il paesaggio è unico quanto vario, che le strade sono in perfette condizioni (lo stato impiega molta forza lavoro per la manutenzione e gli operai sono sempre cortesi, dispensatori di saluti e consueti riposatori del ciglio) e gli automobilisti sono molto coscienziosi (a dispetto di quanto indicato dagli autori della Lonely Planet, che forse dovrebbero fare un giro in Lombardia). Se si procede a bassa velocità è necessario spostarsi sulla sinistra (quasi tutte le strade ad alta percorrenza hanno una banchina transitabile) e far passare i più veloci che ringraziano con le quattro frecce o con un cenno della mano. Il superato ringrazia con gli abbaglianti. Swellendam è una cittadina in stile olandese, maestosamente governata da montagne verdeggianti; le case bianche con il tetto di paglia e l’atmosfera rilassata sono rimaste scolpite in un’idea del sogno che quando si accavalla alla realtà un uomo è felice di essere vivo e vorrebbe che tutto fosse così bello e non può far altro che dire: “sa se sta ben!”. Anche qui, come durante tutto il nostro viaggio, abbiamo incontrato persone molto cordiali ed ospitali, gentili e disponibili. A pranzo ci siamo seduti ai tavoli all’aperto de “La Belle Alliance”, un simpatico ristorante in posizione suggestiva sulla riva del Koringlands River. Ci soffermiamo abbastanza sul discorso “tavola” perché è la prima volta che torniamo da un viaggo all’estero (e ne abbiamo fatti parecchi) senza l’impellente necessità di cucina italiana. Con 50, 60 Rand è possibile mangiare veramente bene ed in quantità; lo stile di preparazione dei piatti è particolare e pregevole, i cuochi hanno saputo adattare i piatti europei alla tradizione con eccellenti risultati (il bobotjie gustato al Rosie Van de Kaap a Swellendam, annaffiato da un ottimo vino, era molto buono). E’ possibile mangiare anche piatti più semplici, come carne e pesce alla griglia e perfino la pasta (assaggiata per verificare le effettive capacità e sondare gli orizzonti culinari dei locali) era di ottima qualità. A Swellendam abbiamo dormito al Coachman’s, un B&B che è anche edificio storico della città, dove i gentilissimi gestori ci hanno accolto con grande simpatia, offrendoci da bere, una bellissima stanza ed un giardino con piscina veramente confortevole e tutto ciò al vertiginoso prezzo di 160 Rand a testa. Da Swellendam è possibile raggiungere un affascinante paese di pescatori, Arniston, dove le case bianche con il tetto di paglia si affacciano direttamente su una stupenda spiaggia, in cui le idee rincorrono il vento e non c’è nulla che spezzi l’armonia dell’incontro con la natura. Il giorno seguente abbiamo imboccato la N2, che è una delle strade principali del paese e nonostante ciò resta abbastanza tranquilla ed offre sempre immagini meravigliose di paesaggi incredibili e di una fauna così lontana dalla nostra consuetudine di quotidianità occidentali. La N2 ci ha condotti sino a Knysna nel cuore della Garden Route una tappa fondamentale per poter visitare il Wilderness National Park, la Goukamma Reserve e Plettenberg Bay, con la mirabile Robberg Peninsula (anch’essa riserva naturale, ingresso 15 Rand), nella quale abbiamo effettuato una splendida escursione a piedi ed abbiamo meritatamente riposato sulla spiaggia incantevole. Knysna ha meritato una permanenza di tre giorni, tutti ben spesi, anche perché un’altra bellissima meta raggiungibile da qui è la Nature’s Valley con l’adiacente Tsitsikamma National Park. In questa zona è stata necessaria una particolare attenzione alla guida, in quanto le strade sono spesso frequentata da babbuini e dietro una curva è possibile incontrarne una colonia, che con grande pigrizia si sposta dalla sede stradale, probabilmente abituati alle auto di incauti turisti, che, nonostante gli avvertimenti, continuano a nutrire questi animali, facendo loro perdere l’istinto naturale di sopravvivenza trasformandoli in impenitenti e viziati curiosi. La permanenza a Knysna è stata a dir poco entusiasmante, anche per ciò che concerne il pernottamento e i pasti. Abbiamo avuto la fortuna di dormire da Peter al Pumula Lodge, un fantastico cottage in legno immerso nel verde su una collinetta a poca distanza dall’abitato (anche in questo caso il rapporto qualità-prezzo è degno di nota: 160 RAND a testa) e di mangiare e bere in un pub sulla strada per The Heads (cordialissima la proprietaria e ottime le birre di produzione locale) ed in un altro simpatico locale sul waterfront, The Oyster Catcher, che serve ostriche preparate in ogni modo a prezzi ovviamente bassissimi. Da Knysna, passando per lo Tsitsikamma, evitando così un tratto a pagamento della N2 e percorrendo una strada alquanto pittoresca, che si snoda tra passi di montagna, foreste, babbuini e qualche pericolo di frana, siamo arrivati a Stormsriver, da cui si è ripresa la N2 in direzione Porth Elisabeth, un grande porto sul mare con una township che lentamente si sta rigenerando mediante la costruzione di case dignitose e l’abbandono di baracche di latta. Da qui abbiamo percorso una strada di 70 km che ci ha condotto all’Addo Elephant Park, una tappa obbligatoria, dove si respira un’aria densa d’Africa e dove abbiamo incontrato oltre agli elefanti, facoceri, antilopi, struzzi, tartarughe, cani selvatici ed una varietà di uccelli di cui non ci intendiamo granchè, ma che per un esperto birdwatcher sarebbero come per noi un concerto di Jimi Hendrix. Dopo questa magnifica avventura ci siamo concessi il lusso di pernottare al Woodlands, un’azienda agricola stile Falcon Crest, in cui siamo stati accolti e introdotti dalla gentilissima Ilda: ci sembrava impossibile che una sistemazione così bella potesse costare così poco. La sera abbiamo cenato a lume di candela in riva al laghetto ricavato all’interno della proprietà. La mattina successiva, dopo aver fatto colazione con 20 tipi di marmellate fatte in casa, siamo ripartiti verso ovest. La splendida R62, tra vallate mozzafiato ed allevamenti di struzzi ci ha condotti sino ad Outshoorn dove ci siamo fermati per due notti. Da questa cittadina, in cui abbiamo riscontrato un’integrazione razziale più evidente, siamo partiti per l’interessantissima escursione allo Swarterberg Pass, 30 km di sterrato che impressionavamo nella mente e nel cuore in modo indelebile immagini favolose, come proprio uscito da una favola è il paesino di Prince Albert; qui ci siamo fermati a pranzo in un posto magico gestito dalla fata smemorina e suo marito, una specie di negozio, tavernetta, azienda agricola, in cui fra galline strane, cani con occhi diversi e tacchini sproporzionati, all’ombra di un gazebo multicolore, abbiamo dimenticato le nostre identità e per un po’ di tempo ci siamo sentiti come Hansel e Gretel finalmente a casa.
Da Outshoorn, ripresa la R62, ci siamo diretti verso la famosa regione dei vini, da una parte il Karoo e dall’altra il Little Karoo in un contrasto geologico fenomenale, una tappa di sosta a Montagu, il paese degli artisti, e poi via verso Stellenbosh. Nelle Winelands non si può non bere vino e quindi ci siamo adattati a questa tendenza. In questa regione vengono prodotti vini di ottima qualità. Alcune cooperative sono completamente gestite dagli stessi operai che sino a qualche anno fa venivano sfruttati dai latifondisti bianchi e questo ci è sembrato un buon motivo per contribuire ad incentivare la produzione. La cittadina migliore in cui pernottare è sicuramente Franschoek che, adagiata ai piedi di robuste montagne, gode di una superba posizione.
Il 20.04.2002 ci siamo recati all’aeroporto di Cape Town per far ritorno in Europa, con tanta emozione per l’avventura meravigliosa, con un po’ di malinconia per l’abbandono, con alcuni oggetti di artigianato delle township, qualche bottiglia di vino e tre rullini di fotografie scattate con arte e parsimonia, selezionando le immagini migliori da immortalare e di impossibile sviluppo a causa della rottura del motorino della macchina fotografica. Per questo ho deciso di scrivere il presente diario di viaggio: la mancanza di contatto visivo sostituita dalla percezione del racconto, ma non sono William Blake, quindi bisognerà ritornare con una macchina fotografica nuova e riprendersi le immagini rubate. Il sogno ha un unico riposo conosciuto, l’amore per la gente e per i posti che si vivono e finalmente hai un posto da poter chiamare casa che è il mondo che ci aspetta fuori dalla porta.
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