Partiamo con volo Thai Airways prenotato tramite expedia per Krabi (con scalo a Bangkok). La compagnia è puntuale con un ottimo servizio a bordo, anche se bisogna specificare che la pista d’atterraggio di Krabi rimarrà impressa nella nostra memoria per un primo tentativo di atterraggio fallito; quando ormai le ruote avevano quasi toccato l’asfalto l’aereo ha ripreso quota, ma nulla è stato comunicato per rassicurare i passeggeri che logicamente hanno cominciato a pensare a tutto ciò che si poteva ipotizzare, palesando tali sensazioni in espressioni dei volti assai preoccupate. Comunque il secondo tentativo ha avuto maggior successo e tutti hanno tirato un bel sospiro di sollievo.
All’aeroporto di Krabi prendiamo un minivantaxi al banchetto (si può fare la prenotazione anche online http://www.krabi.com/book/taxi/) che in 20 minuti e per circa 150 bath, ci porta ad Ao Nang.
Pernottiamo all’hotel Ao Nang Sunset http://www.aonangsunset.com/, prenotato tramite www.asiarooms.com.
La stanza è molto carina e ci passiamo un’intera giornata perché piove a dirotto.
Ao Nang è un’insieme di ristoranti, negozi e agenzie che prenotano escursioni alle spiagge vicine, senza nessuna atmosfera. E’ però la base per visitare Railay Beach, che è raggiungibile con una piacevole traversata di 15 minuti in longtail boat al costo di 160 bath andata e ritorno. Basta cercare i barcaioli con le magliette verdi sul lungo mare di Ao Nang. In bassa stagione, quando il mare è molto mosso, è necessario prendere una barca al porto di Krabi, che impiega 45 minuti. La spiaggia è molto bella ed anche molto frequentata; fortunatamente c’è spazio per tutti, ma non è proprio la meta di chi vuole stare in santa pace. Chi non è mai stato in Asia rimarrà sorpreso dalla vitalità della natura, soprattutto nella varietà geologica e nella capacità della vegetazione di ricoprire, foltissima, anche le rocce apparentemente più inattaccabili. Tutto è verdissimo, quindi anche il colore del mare ne recepisce ogni tonalità e spesso, navigando sottocosta, si ha la sensazione di percorrere il corso di un fiume (meraviglioso, s’intenda) più che un braccio di mare.
Anche l’escursione a Poda e Chicken Islands è molto gettonata. Si raggiungono in 10 minuti di barca da Ao Nang.
Acquistiamo alla reception dell’hotel il biglietto del traghetto per Koh Lanta ed il transfer per il porto. Il traghetto impiega più di due ore per arrivare al porto di Lanta http://www.lantainfo.com/getting_ko_lanta_aonang.htm.
L’alternativa di poco più breve è il traghetto che parte dal porto di Krabi http://www.lantainfo.com/getting_ko_lanta_krabi.htm.
A Koh Lanta alloggiamo al Dream Team Beach Resort prenotato tramite http://www.sawadee.com 6800 bath per 4 notti in un Deluxe Garden View Bungalow. Siamo molto soddisfatti di questa scelta perché ci troviamo a nostro agio: la camera è semplice, ma pulita e ben tenuta, il bagno è all’aperto, nel senso che si trova sul retro del bungalow e vi è una tettoia solo sopra al W.C. e lavandino, mentre la doccia è a cielo aperto; la descrizione potrebbe riferirsi ad una situazione un po’ squallida, in realtà è veramente pittoresca ed in ogni caso nulla è improvvisato, la struttura è realizzata finemente e fare la doccia alternando l’acqua del tubo e quella delle nuvole è molto divertente. Vi è un bellissimo ristorante che prepara ottimi piatti e nei pressi si trova una fantastica piscina. Poi sono state predisposte alcune postazioni utilizzabili sia per farsi fare un massaggio sia per starsene belli comodi a mirare il tramonto.
Affittiamo uno scooter da un noleggiatore vicino all’hotel e giriamo l’isola in lungo e in largo. Koh Lanta ha una popolazione di 20.000 persone, che vivono di pesca e coltivazione della gomma oltre che di turismo.
L’isola è lunga 30 km, che si percorrono in circa un’ora. Tutte le spiagge si trovano sulla costa ovest, mentre la costa est è montuosa e ricoperta da foresta. La strada finisce all’ufficio del Ko Lanta's Marine National Park. Le spiagge sono deludenti rispetto alle immagini viste prima della partenza, soprattutto a causa del cielo nuvoloso ed il colore del mare è più grigio che blu. Sono comunque molto tranquille e discrete, in particolar modo spingendosi a sud, verso il parco nazionale, mentre PRA AE Beach, che è molto lunga, è più congeniale a chi cerca i divertimenti e la ristorazione. E’ però talmente vasta che ci si può ritagliare un po’ di solitudine. Di notevole interesse è anche la visita dell’interno dell’isola, sia per rendersi conto di come viva la maggior parte degli abitanti, sia per osservare le bellezze del paesaggio meno noto; la strada scollina più volte prima di giungere a Lanta Old Town ed offre moltissime visuali accattivanti. Ci si può fermare a pranzo in uno dei ristoranti che si trovano lungo il percorso, i prezzi sono ancora più bassi rispetto a quelli già moderati della costa, la qualità del cibo è ottima e le persone, se possibile, ancora più gentili. Si può arrivare anche fino al villaggio degli zingari del mare, che è un poco desolante, ma d’impatto.
A questo link sono descritte le 9 principali di Lanta (ovviamente le foto ingannano)
Da Lanta con traghetto andiamo a Koh Jum. Il traghetto si ferma in mare perché non esiste un porto di attracco per questo tipo di imbarcazioni e i turisti vengono fatti saltare nelle long tail boats inviate dai resort con bagagli lanciati al seguito. Abbiamo prenotato l’Andaman Beach Resort http://www.kohjumonline.com/andamanbeach.html. Sullo stesso sito si trovano tutte le sistemazioni di Koh Jum, la maggior parte delle quali si trovano lungo la stessa spiaggia. Alcune strutture sono più spartane della nostra, altre quasi di lusso.
Il nostro bungalow è in muratura, con ventilatore e c’è solo acqua fredda, anche se non si sente il bisogno di quella calda. Il ristorante non è male, soprattutto i pancake alla banana che mangiamo a colazione.
Alla sera ceniamo al nostro “resort” perché per raggiungere altri ristoranti è necessario percorrere a piedi la spiaggia nel buio pesto, ma soprattutto perché al nostro ristorante lavora come cameriera ai tavoli un trans che fa morire dal ridere. A pranzo invece ci affezioniamo al ristorante del Peace Paradise http://www.kohjumonline.com/peaceparadise.html e ai suoi spaghetti allo scoglio.
Il mare è caldo, ma i colori sono opachi. L’isola è talmente pacificante che non si sta a sottilizzare sull’estetica delle acque. Un giorno con una motoretta scurreggenta facciamo un giro nella parte sconosciuta dell’isola, almeno alla maggior parte dei turisti. In effetti non c’è granché da vedere se non giungla e qualche villaggetto di contadini.
Le giornate passano leggendo, passeggiando lungo la spiaggia e giocando a beach volley, con altri turisti, quasi tutti norvegesi.
Dopo 4 giorni a Jum il nostro itinerario prevede di visitare l’isola di Koh Libong nella speranza di vedere almeno un dugongo, ma abbiamo voglia di colori più vivaci e decidiamo di andare a Koh Phi Phi, che è troppo turistica per i nostri gusti, ma è anche l’unica nella zona con un mare caraibico.
Prenotiamo tramite l’agenzia turistica del paese (un bugigattolo) una stanza in una guest house per i successivi 3 giorni e tramite il proprietario del nostro resort il trasporto in longtail boat a Koh Phi Phi Don. Il trasferimento in barca è tranquillo e dura circa un’ora.
La posizione della guest house è a dir poco infelice. C’è da dire che quasi tutte le guest house si trovano in centro al paese, che è pieno di locali che sparano musica techno fino alle tre di notte e di ventenni completamente ubriachi. I posti per dormire al di fuori del caos sono pochi (carino ed in posizione ottima l’Andaman Beach Resort http://www.andamanbeachresort.com/). Un’altra soluzione per stare fuori dal caos sarebbe uno dei resort sulla spiaggia di Hat Laem Thong, ma le soluzioni sono più care rispetto al resto dell’isola e ogni volta che ci si vuole spostare è necessario pagare il trasporto in long tail boat, anche questo caro.
Passiamo il pomeriggio nella spiaggia principale di Hat Hin Khom, incasinata, ma bella. A una cert’ora arriva la bassa marea.
Ceniamo al Ciao Bella, ristorante scelto come Pick dalla Lonely Planet. Il posto è carino e caratteristico sulla spiaggia, ma il piatto di pesce che ci servono è immangiabile, ci lamentiamo, ma ce lo fanno pagare comunque e senza scusarsi. Probabilmente il locale è troppo frequentato e non riesce quindi a fornire un buon servizio.
Il giorno successivo dopo una camminata di 20 minuti scopriamo quella che diventerà la nostra spiaggia per il resto del soggiorno Hat Yao, una stupenda striscia di spiaggia bianca. Ci sono anche dei bungalow per fermarsi a dormire.
L’altra bella spiaggia di Koh Phi Phi Don è Ao Lo Bakao, raggiungibile solo in barca.
Scegliamo di non visitare Koh Phi Phi Leh, la più piccola delle due isola che formano Koh Phi Phi, dove si trova la famosa spiaggia di Ao Maya, quella del film The Beach, perchè l’afflusso di turisti da ogni dove (Pukhet compreso) è insostenibile.
Da Koh Phi Phi prendiamo il traghetto per Krabi http://www.phiphiferry.com/.
Taxi per l’hotel Golden Hill Hotel una DELUXE ROOM con colazione 1430 bath prenotato con http://www.hotelthailand.com/. La stanza è enorme e c’è una piscina carina.
Noleggiamo uno scooter per un giorno (200 baht) da Yellow House Internet and Tour (ci sono altri noleggiatori in zona ma i mezzi proposti hanno un aspetto poco affidabile) e partiamo per un giro della zona. La campagna è lussureggiante, il traffico inesistente e la gente ci saluta e sembra stupita dal nostro passaggio.
Visitiamo il Tiger Cave Temple (Wat Tham Suea), un centro di meditazione in posizione spettacolare nelle montagne Ao Luk Thanu. Il sanctum sanctorum si trova in una piccolo caverna circondata dalle celle dei monaci all’interno di un bosco, ben conservato. Si può raggiungere con due percorsi, uno che porta con 1200 scalini al top della collina, l’altra che prevede una camminata e la salita di 130 scalini.
Da Krabi con volo supereconomico prenotato con Air Asia (www.airasia.com) andiamo a Chang Mai.
Pernottiamo al Novotel http://www.accorhotels.com/gb/hotel-1797-mercure-chiang-mai-previously-novotel/index.shtml (costa pochissimo per un 4 stelle), che si trova a 10 minuti di cammino dal centro della città. Siamo contenti della soluzione un po’ defilata perché la zona centrale può essere molto caotica.
Noleggiamo una moto con cambio a 4 marce. Il traffico è pazzesco soprattutto lungo il ring. Man mano ci sposta verso la campagna il traffico ed il conseguente smog diminuiscono, ma non ci si può rilassare più di tanto perché i tailandesi hanno molte qualità, ma nessuno di loro vincerà mai il premio di pilota dell’anno.
In moto visitiamo il tempio Wat Prasat Doi Suthep. E’ un tempio maestoso che può essere visto da ogni punto di Chiang Mai. La strada panoramica per raggiungerlo ha molte aree dove fermarsi per ammirare il paesaggio, gli uccelli e i fiori di montagna. Si trova a 17 km dalla città in un parco nazionale.
Visitiamo in giornata anche Lamphun, a 26 km da Chang Mai, sul fiume Khuang. L’unico motivo per visitare la cittadina è la presenza di due templi, Wat Phra That Hariphunchai e Wat Chama Thewi.
Se si ha poco tempo a disposizione è meglio evitare questa escursione e limitarsi alla visita dei numerosi templi di Chang Mai, che può essere completata in una giornata a piedi.
Da non perdere Wat Phra Singh con la caratteristica architettura Lanna, il Wat Chedi Luang dall’atmosfera rilassata e il Wat Chiang Man, il più vecchio della città. Bello e unico il Wat Phan Tao in legno tek.
Qui la descrizione di tutti i templi http://www.chiangmai1.com/chiang_mai/main_temples.shtml
Alla reception dell’hotel prenotiamo una gita al Doi Inthanon National Park http://www.chiangmai-chiangrai.com/doi_inthanon_park.html. Costa 1200 bath a testa, ma si può risparmiare affidandosi ad una delle tante agenzie della città. Le aspettative sono alte perché la solita Lonely Planet parla di panorami maestosi, cascate impressionanti ed avvistamento di animali, mentre i panorami e le cascate sono carini e di animali non si vede neanche l’ombra.
Per mangiare ci piacciono il Riverside Bar and Restaurant http://www.theriversidechiangmai.com/ sul fiume e i ristorantini del Night Market. Qui si può trovare tutto, dalle magliette agli orologi d’oro, tutto rigorosamente taroccato ovviamente.
4 giorni sono troppi per la zona. Ne bastano 3. Infatti l’ultimo giorno non sappiamo cosa fare e contrattiamo con un tuk tuk un giro a Bo Sang, a 9 km da Chang Mai, detto anche umbrella village, e a San Kamphaeng, 5 km oltre, dove si producono capi in seta e cotone. Il guidatore ci porta a fare un giro ulteriore sempre in una zona di artigianato. A quanto pare ha un accordo con i proprietari dei negozi per cui prende una percentuale sulla base dei clienti che accompagna e alla fine ci fa uno sconto sul prezzo già basso contrattato per il giro.
Torniamo con Air Asia a Bangkok. Ci attende un autista con auto di lusso. Abbiamo prenotato il limousine service insieme all’hotel tramite www.hotelthailand.com. Costa 10 euro e ci pentiremo di non aver prenotato il transfer anche per il ritorno perché il taxi più schifoso chiede la stessa cifra.
L’hotel è il Royal Hotel, quello con la migliore qualità prezzo nella zona del Parlamento, che vogliamo visitare. L’albergo non è un gran che, come dimostrano le reviews su tripadvisor, ma la posizione è ottima
Ci immergiamo nel caldo torrido (40°) e visitiamo la stupenda area del Gran Palace dove si trova il Wat Phra Kaew, Tempio del Buddha Smeraldo. Si tratta di un complesso di magnifici templi collegati con le residenze dei Reali di Thailandia, meta di moltissimi turisti e pellegrini. L’ingresso è di 250 bath e ci sono dei controllori dell’abbigliamento all’ingresso, che forniscono scialli ed altri capi di abbigliamento a chi ha ginocchia e spalle scoperte.
Interessanti sono anche il Wat Pho, il monastero più antico della capitale, dove si trova il tempio dedicato al Buddha sdraiato (46 metri di lunghezza e 15 di altezza) ed il Wat Traimit, tempio dedicato al Buddha d'Oro.
Facciamo anche un giro lungo Yaowarat Rd e Ratchawong Rd, la Chinatown di Bangkok, dove si trovano mercatini di ogni tipo, che si sviluppano nelle strade laterali e nei vicoli. E’ anche la zona degli alloggi più economici, ma c’è troppa confusione per i miei gusti.
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