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mercoledì 31 luglio 2019

Turchia (Cappadocia e altro)



DOMENICA 26/05/2019
Si parte con Pegasus Air, un cavallo alato dalle possibilità mitiche, che ci porta da Bergamo ad Istanbul (SAW) e da qui ad Antalya, ma, ad Istanbul, prima bisogna fare il controllo passaporti, uscire nella hall degli arrivi e rientrare dalla porta delle partenze domestiche con ulteriore passaggio al metal detector. Ci era già accaduta questa solenne minchiata, per cui si deve prestare particolare attenzione, durante la fase di prenotazione, ad avere un tempo sufficiente per espletare queste formalità. Il costo del volo è di circa 245 euro a testa e la compagnia (low cost della Turkish Airlines) è ottima.
All’aeroporto di Antalya dovremmo trovare ad aspettarci un addetto della Turtas Cars, agenzia presso cui abbiamo noleggiato un’auto, ma naturalmente non si vede nessuno, perciò siamo costretti a telefonare (nonostante gli accordi definitivi fossero stati presi il giorno precedente) e poco dopo arriva l’incaricato a consegnarci la vettura. La compagnia ha ottime recensioni e il prezzo è il migliore trovato online (248 euro per 13 giorni).
Essendo giunta la sera non abbiamo alcuna intenzione di fare molta strada, per cui ci fermiamo a dormire al NUN boutique hotel di Antalya (Lara). La stanza è carina, la zona colazione molto accogliente e il prezzo è veramente basso, 34 euro la doppia con ottima colazione e parcheggio privato.
Giusto il tempo di andare a mangiare qualcosa in un ristorante lì vicino, il pretenzioso Balik Evi, che dovrebbe abbassare il livello della cerimoniosità del servizio, per dedicarsi un po’ di più alla qualità del cibo: polipo e calamari non sono dei migliori e non sono stati cucinati con dovizia, mentre l’insalata mista non è male e giunge l’ora di chiudere i battenti su questa prima giornata di viaggio.

LUNEDI’ 27/05/2019
La colazione ci carica di energia per affrontare la strada che ci condurrà a Konya. Fondamentalmente è una tappa di trasferimento di poco più di trecento kilometri, che inizia malissimo a causa di un incidente che rallenta moltissimo il traffico. Dopo si procede piuttosto fluidamente, attraversando un paesaggio montano, a tratti suggestivo. Grazie ad uno sconto maturato utilizzando Expedia abbiamo prenotato una stanza all’Hilton Garden Inn, per soli 22 Euro (in realtà costerebbe 40 euro, che è comunque un prezzo irrisorio, per una soluzione così esclusiva). L’albergo si trova in posizione ottimale (con parcheggio) per raggiungere il centro della città senza troppo impegno, causato dal traffico, che è comunque di modesta entità, considerando il numero di abitanti.



   

A piedi in poco più di dieci minuti siamo di fronte alla moschea principale e nelle vie del centro storico. Fa abbastanza ridere usare questa terminologia per una città del genere, perché di storico c’è poco o niente. Qualcuno ci aveva fatto un bel ritratto di questo luogo, in realtà ritorniamo della nostra idea iniziale, cioè una sosta intermedia nel nostro viaggio verso la Cappadocia. Diamo una sbirciatina veloce alle moschee, al centro culturale ed al parco intorno all’Alladin, poi ci rifugiamo a mangiare un paio di pide al Sifa (il cibo è economico e discreto), uno dei pochi ristoranti aperti il pomeriggio in questa giornata di Ramazan. Konya è infatti una città molto religiosa, dove la maggior parte delle donne porta il velo e il Ramazan viene rispettato (e questo spiega la presenza di numerose cicche di sigarette in terra e nessun fumatore all'orizzonte). 

MARTEDI’ 28/05/2019
Lasciamo Konya in tutta scioltezza: il traffico è pressoché nullo e in un attimo prendiamo il via dal centro abitato. La strada che ci porta a Goreme, in Cappadocia, è assai lineare e poco ha da offrire a livello paesaggistico; tutto un altro discorso si può aprire quando si arriva in prossimità della meta della nostra gita. Qui è tutta una poesia di pinnacoli e formazioni rocciose utilizzate da secoli come riparo e abitazione. Il paesino di Goreme si armonizza perfettamente all’ambiente naturale e, nonostante vi siano innumerevoli attività commerciali, non s’è persa l’atmosfera calda ed avvolgente del luogo. Parcheggiamo l’auto davanti al Grand Elite Cave Suites, dove abbiamo prenotato una stanza per quattro notti. L'hotel è nuovo e la struttura suggestiva e dotata di fondamentale piscina. La colazione è buona e la qualità-prezzo ottima (55 euro la camera).
Ci fiondiamo direttamente a piedi sulla strada che, in poco più di un kilometro, ci permette di raggiungere l’open air museum. L’ingresso costa 45 lire turche a testa, un prezzo tutto sommato ragionevole per poter osservare i tesori di una civiltà passata e assai ingegnosa.
E' possibile acquistare il Cappadocia Museum pass al costo di 110 lire turche. Dura 3 giorni (72 ore) e consente la visita di: Museo all'aria aperta di Göreme, la Chiesa Scura (Karanlik Kilise), la Valle di Ihlara, la Città sotterranea di Derinkuyu, la Città sotterranea di Kaymakli, la Città sotterranea di Özkonak, il Sito archeologico di ZelvePaşabağlar, il Museo di Nevşehir, le Rovine di Çavuşin e il Museo di Hacıbektaş.
A
ll’interno delle rocce sono stati ricavati numerosi edifici religiosi e molti altri, tra abitazioni, refettori e luoghi di sepoltura, il tutto inserito in un contesto naturale maestoso e dalle scenicità sorprendenti (l’intera area meriterebbe di essere stata scelta in più occasioni come set cinematografico, per la realizzazione di film di fantascienza).
Molto bella è la chiesa completamente affrescata dalla parte opposta della strada rispetto all'Open Air Museum.
La passeggiata ci ha accaldato non poco e ci concediamo una sana pausa rinfrescante nell'accogliente piscina dell'hotel.
Molto piacevole è anche l’uscita alla ricerca di un ristorante per la cena: si respira una stravagante e leggera aria vacanziera che accarezza lo spirito ed apre lo stomaco. Ci orientiamo verso il Mozaik e possiamo ritenerci soddisfatti della nostra scelta.

MERCOLEDI’ 29/05/2019
La giornata è dedicata alla visita dei dintorni di Goreme, in particolare cominciamo con Camusin, dove ci inerpichiamo sulla collina per vedere una chiesa e poi farci trasportare dall’armonia del paesaggio in una passeggiata nella valle da cui si gode di begli scorci.


Molto più d’effetto è la tappa di Pasabagi dove si possono ammirare decine di camini delle fate dalle forme più strampalate. Qui c’è anche un’organizzatissima struttura di accoglienza con tanto di parcheggi e negozi ed un ticket office pronto per l’uso, ma ancora fuori servizio, quindi si entra ancora a scrocco.

 
Poco prima di giungere a Urgup ci si può fermare sulla strada per inoltrarsi nella Devrent Valley, dove le rocce assumono fantasiose conformazioni (c’è chi ci vede una lumaca e chi un cammello, dipende proprio dall’immaginazione di chi guarda). Molti si limitano a scattare qualche foto dal lato opposto della carreggiata, noi preferiamo conoscere un po’ meglio l’area, quindi attraversiamo e ci spingiamo alla scoperta di un altro luogo assai particolare.
  
Arrivati ad Urgup ci accorgiamo di aver utilizzato una discreta scorta di energia, perciò, essendo anche ora di pranzo, decidiamo di approfittare del fatto che Ziggy Cafe è aperto e gustiamo alcune delle sue famose meze, su una terrazza raffinata con una bella vista.
Urgup viene spesso indicata come base per la visita della zona al posto della più turistica Goreme. In realtà Urgup ha decisamente meno fascino di Goreme e non ci entusiasma.
Salire al point of view di Goreme al tramonto è un’abitudine diffusa ed anche se i colori non sono folgoranti e c’è un po’ troppa gente per i nostri gusti, non si può certo negare che l’esperienza sia galvanizzante, perché la visuale è assolutamente fuori dal comune. La sera passa piacevolmente alla ricerca di un ristorante ed alla scoperta di nuove stradine e scorci che incantano il visitatore.
GIOVEDI’ 30/05/2019
Da Goreme prendiamo la strada che, in una cinquantina di chilometri, ci porta a Soganli. Parcheggiamo l’auto nei pressi della biglietteria dove, dopo aver pagato 6 lire turche a testa, ci viene consegnata una mappetta della zona fatta a mano ed una brochure con la descrizione delle chiese rupestri che si incontrano lungo il cammino. Siamo gli unici visitatori.
L’aspetto artistico è abbastanza trascurabile, anche perché buona parte degli affreschi è stata danneggiata dal tempo e dal vandalismo, ma il percorso è piacevole, soprattutto la parte che risale la collina, dopo aver camminato per un po’ lungo il corso d’acqua a fondo valle. Ci si ritrova al villaggio dove le signore vendono le bamboline e si prende la strada asfaltata per fare ritorno al parcheggio.
 

In serata, dopo aver cenato sulla panoramica terrazza di Oscar (decisamente caro per la Turchia), visitiamo la parte, fino ad ora, inesplorata di Goreme, che così possiamo affermare di conoscere meglio dei nostri luoghi natii.

VENERDI’ 31/05/2019
Ci svegliamo alle 5.00 per salire al point of view di Goreme a goderci lo spettacolo delle mongolfiere. Infatti all’alba si alzano, tutti insieme, decine e decine di palloni, che permettono agli occupanti le ceste (ci sembrano quasi tutti orientali) di percorrere un volo mistico sull’incredibile area geologica circostante. Al point of view c’è molta gente, alcuni visibilmente rincoglioniti dal sonno (o in generale, chissà) e non si capisce come non sia ancora scivolato nessuno giù per la scarpata. Potrebbe apparentemente sembrare una pattonata turistica, e forse un po’ lo è, ma l’effetto scenico è comunque sorprendente.


A proposito dell'alba: il muezzin delle 4.30 del mattino dovrebbe evitare di prodigarsi in virtuosismi con le corde vocali ancora rattrappite dal sonno. La cosa che ci ha colpito è che durante il giorno lancia la preghiera in maniera, diciamo così, normale. Di notte, invece, si lancia in vocalizzi alla Pavarotti, ma inciampa sulle note alte e stona come Madonna all'Eurovision…

Poco fuori da Goreme iniziano le belle camminate nella valle delle rose e nella valle rossa, raggiungibili a piedi da Goreme.
Fa talmente caldo che ci pentiamo di non essere venuti in auto. Ci si arriva imboccando la strada per Cavusin e rientrando sulla destra quando si vedono le formazioni rocciose che contraddistinguono le valli.
SABATO 01/06/2019
Abbiamo tenuto come ultima escursione della Cappadocia la valle di Ihlara, perché viene descritta come “uno dei più bei percorsi di montagna di tutto il mondo”. In realtà non è questo il vero motivo, anche perché non ci fidiamo incondizionatamente di queste manifestazioni pubbliche di entusiasmo, ma semplicemente perché dobbiamo far ritorno a Konya e siamo abbastanza di strada. In realtà la passeggiata è piacevole e, dove il canyon si allarga un po’, c’è una bella sensazione paesaggistica, ma nulla di trascendentale.

Sicuramente singolare è il posizionamento dei tavoli che i vari ristoranti della zona sistemano proprio a cavallo del ruscello. Noi non ci fermiamo a mangiare qui, ma la situazione è indubbiamente suggestiva, anche se rimane qualche perplessità sulla massiccia presenza di insetti di tutti i tipi, presumibilmente ospiti del desco.
Dovendo fare tappa a Konya, per la notte optiamo per la soluzione extra lusso dell’hotel Dedeman, un cinque stelle dotato di tutti i comfort, compreso un centro fitness attrezzatissimo, due belle piscine, di cui una coperta, campo da calcio e da basket e ristorante al diciottesimo piano, per soli 46 euro. Considerato che né la città né il panorama gastronomico ci avevano entusiasmato nella precedente visita, passiamo il resto della giornata in hotel.
Abbiamo prenotato il Dedeman e le altre sistemazioni durante il viaggio con Expedia. Booking consente di effettuare prenotazioni esclusivamente al di fuori della Turchia.
Scopriamo che anche il sito di Wikipedia non funziona.

DOMENICA 02/06/2019
La strada da Konya a Pamukkale è molto gradevole, soprattutto nel tratto che costeggia il lago Egredir, ma in generale si attraversano belle vallate e, con una guida rilassata, ci si può godere il paesaggio per circa cinque ore. 

A Pamukkale abbiamo prenotato una stanza al modesto albergo Alida che si trova in una vietta proprio davanti all’ingresso del sito di Hierapolis; dalla terrazza della camera, al primo piano, si può ammirare tutto il biancore del travertino.
Giusto il tempo di posare i bagagli e ci avventuriamo alla scoperta di questo luogo unico. Si paga un biglietto di ingresso di 50 lire turche a persona e si comincia la salita. Pochi metri dopo il botteghino bisogna procedere scalzi per non rovinare il suolo camminandovi. Benché il sito scarseggi d’acqua rispetto al passato (non vi sono più le cascate ed alcune vasche sono rimaste asciutte), con la giusta esposizione, il contrasto tra il blu del cielo ed il bianco del marmo, consente di scattare fotografie memorabili.



Sulla salita si incontrano ancora diverse vasche con l’acqua all’altezza del ginocchio, in cui è possibile rinfrescarsi un poco. Al vertice c’è una concentrazione di persone simile ad una piscina comunale in piena estate, quando l’economia è in crisi e la gente non ha più un tollino per andare in vacanza,;tra l’altro la percentuale di persone volgarissime è più alta che mai, i cinesi in particolar modo riescono a stare in mezzo ai piedi, fermandosi a fotografare l’impossibile, nei punti di passaggio più stretti.
A volte ci si domanda come si possano verificare incidenti per ammassamento della folla, senza motivi apparenti, ecco che prontamente questa situazione suggerisce la risposta: è sufficiente una buona quantità di rimbambiti. Fortunatamente la densità di popolazione si riduce superando questo punto, che è anche il più insignificante dell’intera area, ma probabilmente il più vicino allo scarico dai pullman delle gite organizzate. Da qui ci si può rimettere le scarpe ai piedi e si potrebbe puntare direttamente al teatro, ma noi preferiamo percorrere la passerella in legno che costeggia altre zone in cui il travertino impera, sino alla necropoli, poi torniamo indietro, nella solitudine più assoluta (non par vero di trovarsi nello stesso luogo) verso la via di Frontino, passando sotto l’arco di Domiziano.
 
L’antica strada conserva ancora molte parti intatte; un importante lavoro di rivalutazione è stato fatto sulle latrine. Da qui raggiungiamo il teatro romano, che è un vero capolavoro, di gusto sopraffino, sia negli aspetti più evidenti, quali il palco ed i pannelli decorativi, sia nella disposizione dei posti a sedere, con un’ottima verticalità per poter garantire la presenza di oltre 12000 spettatori e perfetta visibilità della scena da ogni ordine di posto. Riprendiamo la discesa nel tardo pomeriggio, quando la luce si fa più calda, creando ulteriori atmosfere incantatrici. Con un po’ di stanchezza e malinconico distacco tocchiamo la pianura e lo stomaco è pronto per gli hamburger e le birre del Fenomen Burger House Cafè Pub, un locale che non ha niente di tipicamente turco, ma un’ottima qualità dei suoi prodotti da offrire alla clientela.

LUNEDI’ 03/06/2019
Il trasferimento da Pamukkale a Selcuk dura circa tre ore. Ad un certo punto imbocchiamo un’autostrada (con i cartelli verdi) senza sapere tanto bene quale canale prendere (non vi sono le sbarre ai caselli e nemmeno la possibilità di ritirare un biglietto). La cosa ci ha colto completamente impreparati, anzi avevamo da poco finito di elogiare i Paesi che hanno un’ottima rete stradale, senza il pagamento del pedaggio. Ci documentiamo e capiamo di esserci comportati discretamente bene, infatti sulla nostra auto a noleggio è presente un adesivo HGS che funge da telepass, quindi non dovremmo incappare in sanzioni di alcun tipo. Questa è un’informazione molto utile per chi voglia guidare un mezzo di trasporto in Turchia (forse sarebbe stato il caso che il nostro noleggiatore ce lo avesse detto). 

Selcuk è la base ideale per visitare il sito archeologico di Efeso. Noi abbiamo prenotato una stanza al Celsus Boutique Hotel, che è una vera bomboniera: l’edificio in pietra ha un cortile interno dove è stata costruita una piscina non molto grande, ma assai invitante; i lettini sono adagiati su un prato d’erba perfettamente curata e la camera ricorda tanto quelle dei B&B inglesi più raffinati e c’è un favoloso profumo di pesche. Ci rilassiamo un po’ in questa atmosfera fighettosa e verso le cinque del pomeriggio ci spostiamo verso il sito. Si pagano 10 lire turche per il parcheggio (ancora strapieno, nonostante pare che l’ora di punta sia un’altra) e 60 lire a persona per l’ingresso. Le aspettative sono molto alte, perché la fama del luogo è mondiale: è stato definito il sito di città classica più completo d’Europa… è sicuramente la storia greca e romana concentrata e a portata di mano del visitatore, ma in tutta sincerità non possiamo dire di essere rimasti strabiliati, come lo fummo invece alla Valle dei Templi di Agrigento o a Jerash in Giordania.

 

E' comunque una tappa di tutto rispetto e ci ha permesso di scoprire anche Selcuk, che si è rivelata più di una semplice base d’appoggio, con la fortezza di Ayasuluk e la basilica di San Giovanni, di cui rimangono in piedi solo alcune colonne a causa di terremoti e distruzioni umane, nonostante l’importante lavoro di scavo e restauro architettonico. Quando ci passiamo davanti, facendo ritorno dal ristorante Hejder, presso cui abbiamo consumato una gustosa ed economica cena, è tutta illuminata con faretti fissi e mobili e scopriamo che l’accesso è libero, perché è in corso un evento musicale e di lettura di poesie, in una cornice che il buio della notte e le luci artificiali e quelle della stellata, rendono magicamente suggestiva. Anche la fortezza sullo sfondo è illuminata d’arancione e l’acquedotto romano, più in basso, accoglie sulla sommità nidi di cicogne che ormai da noi si rifiutano di arrivare.
  
MARTEDI’ 04/06/2019
Il post-Cappadocia era stato individuato come “riempitivo”, ma ha sorpreso positivamente con Pamukkale e Selcuk. La tappa di Bodrum invece conferma la prima ipotesi, anzi nel complesso si può tranquillamente definire TEMPO PERSO: il posto sarebbe anche bello, ma è discreato dalla marea di gente presente e dalle innumerevoli attività commerciali. Il mare è reso invivibile dalla miriade di barche, le spiagge sono invase da ombrelloni e lettini, il livello qualità-prezzo di alberghi e ristoranti non è neanche da considerare; insomma è una giornata che poteva essere impiegata in un altro modo… ma è facile ironizzare su Bodrum dicendo che è una ridente cittadina dalla fervente vita notturna, ma non è sempre stato cosi: un tempo era un sonnolento villaggio di pescatori, per questo motivo hanno cambiato il nome; prima si chiamava Bedrum. E qualcuno più astioso oggi l’ha definita Bathroom.
Scopriamo che il motivo dell’estremo affollamento della località all'inizio di giugno è determinato dalla settimana di festività per la fine del Ramadan, in cui TUTTI i turchi vanno in vacanza.

MERCOLEDI’ 05/06/2019
Lasciamo Bodrum con una certa felicità ed intraprendiamo una strada, a tratti piacevole, di più di quattro ore, per approdare a Gelemi, un paesino di campagna situato in una valle costellata di serre, a ridosso della spiaggia di Patara. Abbiamo prenotato una stanza all’accogliente (se non si considera l'odore di cesso in camera) Rose Pension, che dispone di una piscina rilassante in un’atmosfera bucolica. I proprietari della pensione sono molto gentili e disponibili e per 50 lire turche preparano anche un’ottima cena a base di pesce di mare e verdure dell’orto. 

GIOVEDI’ 06/06/2019
Dopo la agrituristica colazione del Rose andiamo a scoprire le rovine di Patara e l’attigua spiaggia; si paga un ingresso di 20 lire turche e si può parcheggiare l’auto, sia in prossimità della spiaggia, dove c’è uno spiazzo enorme, che a fine mattinata è strapieno, sia nei pressi del sito archeologico. Quest’ultimo non è particolarmente interessante, mentre la spiaggia avrebbe un potenziale enorme, sia per la larghezza della baia (18 kilometri), sia per l’ambientazione naturale, peccato che la sabbia sia troppo scura e renda il mare non propriamente invitante, e che vi sia uno stabilimento balneare in cui, nonostante la lunghezza del litorale, si piazzano tutti appiccicati l’uno all’altro… meglio, però, per chi, come noi, cerca un po’ di tranquillità.




Dopo questa parentesi marina prendiamo la bella strada interna, che ci fa attraversare affascinanti vallate, sormontate da imponenti montagne e ci porta alla periferia di Antalya e precisamente a Dosemealti, dove abbiamo prenotato, per 46 euro, al VIB Best Western, una camera super confortevole; l’albergo mette a disposizione dei clienti anche una piscina coperta di 25 metri, in cui è possibile dare sfogo alle velleità di nuotatori provetti.

VENERDI’ 07/06/2019
Lasciamo la surreale zona industriale senza attività, a causa dei giorni di festa, dove si trova il VIB, per ritrovarci nella più incasinata area urbana di Antalya. Visitiamo il centro storico dopo aver parcheggiato la macchina  gratuitamente nel garage del centro commerciale Mark Antalya, in posizione strategica per raggiungere il centro senza avventurarsi nelle sue stradine in auto.

Inizialmente la città non sembra un granché, poi scopriamo alcune viuzze interessanti, (ce ne sta una in cui il cielo viene quasi escluso dalla moltitudine di ombrelli aperti appesi a mezz’aria, tra una casa e l’altra), sopra la fortificazione del porto, dove si sono installati diversi locali e boutique hotel e, il giro diventa piacevole.
 
  

Per l’ultima notte abbiamo prenotato una stanza bella ed economica al Lara Garden Butik Hotel, che si trova nell’omonima località ed è molto vicino all’aeroporto (circa 15 minuti). Abbiamo la malaugurata idea di andare a fare un salto in spiaggia, per vedere come sia, e se si trova un ristorante simpatico in cui mangiare qualcosa, ma questa parte del paese è assolutamente deprimente, nonostante l’enorme quantità di persone presenti sembri testimoniare l’esatto contrario. I beach bar sparano musica da discoteca ad un volume assurdo, creando un’atmosfera di falsata leggerezza, decadente e desueta, le persone alzano nuvolette di polvere di quella che non è sabbia morbida, ma dura terra, ed è tutto un po' triste.
Rimettendo insieme i pezzi di un’esperienza che si forma viaggiando, strada facendo, giorno per giorno, si assembla un bagaglio da portare a casa, con una punta di amarezza per qualche improvvisazione dell’ultimo minuto.