Novembre 2006
La meta ultima del viaggio è l’Australia, ma facciamo uno stop over di qualche giorno a Tokyo per partecipare
al matrimonio di Giulio e Asami.
Prenotiamo
il volo con Qantas, che
consente lo stop over gratuito in varie località dell’Asia. La compagnia è
ottima e parte del viaggio la voliamo con la British Airways, con scalo a
Londra. Da qui il viaggio dura circa 12 ore.
Tokyo ha due
areoporti: Narita, dove atterrano la maggior parte dei voli internazionali e
Haneda.
Arriviamo a
Narita, che si trova a più di 60 km dalla
città.
Per
raggiungere la città utilizziamo il treno NaritaExpress o N'EX, che arriva in molte stazioni di Tokyo, incluse Tokyo
station, Shinagawa, Shibuya, Shinjuku, Ikebukuro e Yokohama. La stazione Tokyo
si raggiunge in 53 minuti.
E’
un treno Japanese Railways e quindi se avete intenzione di utilizzare i treni JR per spostarvi (includono
anche il famoso Shinkansen), potrebbe essere conveniente
comprare in anticipo un JR Pass prima della partenza. Le modalità e i prezzi si
trovano sul sito http://www.japanrailpass.net/ e la lista dei rivenditori in Italia è qui http://www.japanrailpass.net/05/en05_3.html.
Dall’Italia si può acquistare online anche da questo sito http://www.jrpass.com/it.
In
aeroporto presso lo sportello JR è anche possibile acquistare il pacchetto
"Suica & Narita Express", che include la carta SUICA e vi fa risparmiare sul prezzo del Narita Express.
Se si alloggia nella parte nord di Tokyo è preferibile
utilizzare il treno Keisei Skyliner,
che ferma a Ueno e Nippori. Esistono
anche delle linee normali che partono da Narita, che possono essere leggermente
più economiche, ma più lente.
Interessante anche l’Airport Limousine , buon servizio di autobus, che si ferma
di fronte ai maggiori hotel della città. Il prezzo è simile a quello dei treni.
Può essere conveniente, a seconda di orario di arrivo e destinazione in Tokyo.
Per muoversi in città il mezzo migliore è la
metropolitana, anche se i taxi hanno prezzi ragionevoli e se ne trovano
dappertutto e a tutte le ore. Il vero problema è spiegare all’autista dove si
vuole andare; una mappetta stampata in precedenza può essere d'aiuto. Le porte dei
taxi si aprono e si chiudono automaticamente.
Ci sono anche molti autobus, anche se prenderli
può essere un po’ difficile per chi non conosce il giapponese e quindi li evitiamo accuratamente.
Per muoversi a Tokyo ed evitare di fare il biglietto
ogni volta, si può acquistare presso i distributori automatici di biglietti una
carta ricaricabile Suica o Pasmo. La Suica si può utilizzare anche su altri treni per raggiungere località fuori
Tokyo, ad esempio Osaka.
Potete utilizzare Suica e Pasmo anche per gli acquisti
presso i distributori automatici, e nei negozi che offrono questo servizio,
basta semplicemente appoggiare la carta al lettore quando vi viene richiesto al
momento del pagamento.
La Metro di Tokyo è di proprietà di due compagnie
diverse: la Tokyo Metro possiede 9 linee, mentre la Toei (controllata dalla
municipalità di Tokyo) ne possiede 4. Se si transita fra una linea di una
compagnia verso quella dell’altra, non si ottiene alcuno sconto di tariffa, ma
bisogna pagare un nuovo biglietto intero. I prezzi dei biglietti variano sempre
in funzione della tratta percorsa, quindi o si possiede un abbonamento o carta
prepagata oppure bisogna comprare un nuovo biglietto ogni volta da uno dei
numerosissimi distributori
automatici presenti all’ingresso di ogni stazione.
Il sito delle metropolitana di Tokyo fornisce utili indicazioni in inglese ai neofiti http://www.tokyometro.jp/en/index.html.
Dormiamo
all'hotel Grand City. E' un tre stelle carino e molto
pulito. Le stanze sono piccolissime (come credo sia la norma in Giappone), ma la posizione è strategica vicina, alla
metro di Ikebukuro, centro nevralgico dei trasporti e costa poco, circa 60 euro
la doppia. La colazione non è inclusa. C’è un distributore gratuito di schifosissimo te
cinese e giapponese ad ogni piano. Il bagno è dotato di water multiuso.
Se i giapponesi rimangono a bocca aperta quando vedono il primo bagno italiano della loro vita e domandano a se stessi: "Ma perché ci sono due water?”, ora tocca a noi la sorpresa e, mentre prendiamo aria ai denti, tentiamo di capire come funziona l’ingegnoso congegno, nel quale i giapponesi hanno sintetizzato il loro approccio alla vita, funzionale, veloce e discreto. Consente infatti, senza scomodarsi, di fare lavaggio ed asciugatura. Scopriamo a nostre spese che non è il caso di insaponarsi come sul bidè…
Se i giapponesi rimangono a bocca aperta quando vedono il primo bagno italiano della loro vita e domandano a se stessi: "Ma perché ci sono due water?”, ora tocca a noi la sorpresa e, mentre prendiamo aria ai denti, tentiamo di capire come funziona l’ingegnoso congegno, nel quale i giapponesi hanno sintetizzato il loro approccio alla vita, funzionale, veloce e discreto. Consente infatti, senza scomodarsi, di fare lavaggio ed asciugatura. Scopriamo a nostre spese che non è il caso di insaponarsi come sul bidè…
Volendo
risparmiare si può dormire presso gli ostelli della catena Sakura.
Non siamo
affatto preoccupati per il cibo perché, pur non essendo grandi amanti di sushi e
sashimi, adoriamo ramen e udon. Nei ristoranti i camerieri sono gentilissimi,
così come i commessi di qualunque negozio.
Il coperto è gratis e così l’acqua del rubinetto e l’ocha, il tè. L’ocha che viene offerto nei
ristoranti varia in base alle specialità del ristorante stesso, così molti
ristoranti giapponesi servono tè verde; qualche ristorante più alla moda serve
tè sempre giapponesi ma non verdi; i ristoranti di soba spesso servono sobacha,
ovvero un infuso di grano saraceno; al cinese c’è spesso il jasmine-cha, tè al gelsomino.
Gli alcolici vengono solitamente accompagnati da qualche tsukemono, che è un cibo messo sotto sale,
un po’ il corrispettivo dei nostri sottaceti e che rincara il conto di poche
centinaia di yen. Di solito sono serviti in piccole ciotoe a lato della
pietanza principale o come stuzzichino (a pagamento) con la birra.
A pranzo i
prezzi sono quelli sulla lista, ma di sera diversi ristoranti applicano una maggiorazione
del 10% (scritta in piccolo in fondo al menu).
Il ramen è costituito da spaghetti in brodo di
diverso tipo: Shio significa “sale” ed è solitamente un brodo chiaro e dal
sapore leggero, Shoy basato sulla salsa di soia e tipico di Tokyo, Miso con
brodo a base di miso appunto e Tonkotsu brodo denso a base di maiale. I negozi di ramen tonkotsu
si riconosco da lontano per l’odore intenso che emanano. Su wikipedia c’è un articolo sul ramen ricco di foto.
Mangiando ramen si campa con poco. Ci sono
infatti locali piccolissimi in cui si paga il ramen che si vuole ordinare ad
una macchinetta esterna, si beve l’acqua messa a disposizione, gratis come al
solito, e si spende una bazzecola mangiando benone. Noi siamo stati da Muteppo, fantastico
negozio di ramen nascosto in una vietta
Proviamo anche un kaiten sushi dove si possono prelevare i piattini con il sushi direttamente
dalla rotaia. Ogni piattino
ha un prezzo diverso, dipendente dal colore: solitamente ci sono grossi
cartelli con legenda apposita. Se si vuole ordinare del sushi non disponibile
al momento lo si può fare chiedendolo direttamente al cuoco oppure parlando
negli appositi citofoni. Quando si ha finito di mangiare si chiama una
cameriera la quale provvederà al conteggio dei piattini e rilascerà una
ricevuta da portare alla cassa. I kaiten sushi sono ristoranti molto popolari
per famiglie, quindi si trovano diversi tipi di prodotti non propriamente
riconducibili al sushi, dalla frutta ai dolci.
Nei
ristoranti sushi tradizionali invece il sushi viene richiesto al cuoco il quale
lo serve direttamente sulla superficie del bancone d’innanzi al cliente.
Ci sono
poche regole per mangiare il sushi. Il sushi si può prendere sia con le mani
che con le bacchette. È preferibile non affogarlo nello shoyu, ma intingerne un
solo lato della neta. Il nigiri sushi va mangiato in un sol boccone.
Proviamo
anche nell’ordine:
- il sashimi che altro non è che
pesce crudo finemente affettato (e per estensione qualsiasi cosa cruda
finemente affettata), da intingere una fettina alla volta nella salsa di soia,
-
lo gyudon, una ciotola di riso ricoperta di carne di manzo
saltata in padella con verdure e condita da una salsa a base di shoyu (la
versione con maiale è chiamata butadon) è estremamente economico, nutriente e
veloce da mangiare. I negozi di gyudon sono molto diffusi, specialmente la
catena Yoshinoya, con la sua inconfondibile insegna
arancione.
-
il tonkatsu, un filetto di maiale, impanato e fritto (se servito su una ciotola
di riso assume il nome di katsudon), accompagnato da un
insalata a base di cavolo. I locali che offrono tonkatsu offrono anche
ebifurai, gamberoni impanati e fritti.
-
gli yakitori, spiedini di pollo cotti sulla fiamma viva di fornelletti lineari
a gas o brace che possono essere ordinati con salsa (tare) oppure
conditi con solo sale (shio)
-
gli yakigyoza (i ravioli cinesi in versione giapponese) che sono fatti bruciacchiare su una faccia fino a
staccarsi dalla piastra, dopodiché viene aggiunta acqua sulla piastra stessa in
modo che il resto del raviolo sia cotto al vapore. Il ripieno dei gyoza è tradizionalmente costituito da carne di maiale, cavolo e
porro, ma se ne possono trovare di tutti i tipi.
Iniziamo
la visita della città da Ikebukuro, il quartiere dove alloggiamo.
Il simbolo
di Ikebukuro dovrebbe essere il grande Sunshine Building, ma in realtà è il monolitico inceneritore
a dominare il paesaggio. Più folkloristicamente, agli indigeni piace giocare
col nome di Ikebukuro: letteralmente “ike” significa “stagno”, mentre “bukuro”
significa “sporta, sacchetto”. Visto che la “sportina dello stagno” è un po’
triste, i giapponesi sfruttano l’assonanza fra la parola 袋 (sportina) e la parola 梟 (gufo) e
quindi troverete parecchi gufi in giro, il più famoso dei quali è una statua
situata nel sotterraneo presso l’uscita est (東口) intorno al
quale i giovani si danno appuntamento.
A proposito
del sotterraneo di Ikebukuro, è uno dei più grossi di Tokyo ed è facilissimo
perdervisi. Questo sotterraneo unisce tutte le ferrovie e metropolitane, nonché
due grandi magazzini. Le uscite maggiori sono quattro: nord (北口), ovest (西口) e
Metropolitan (メトロポリタン口) su un lato
e l’uscita est (東口) sull’altro.
Vaghiamo per
i due grandi magazzini, Seibu
e Tobu (con gli ultimi piani occupati interamente da ristoranti), acquistiamo un
ipod a prezzo superconveniente, grazie al cambio, da Biccamera,
una catena di negozi dove si trova tutto per l’elettronica, riconoscibile dalla
simpatica musichina spaccatimpani che ne fuoriesce.
Visitiamo anche
il megacentro commerciale dello Sunshine Building, che è alto 240 metri con un
punto di osservazione in cima. La sera non possiamo perderci il karaoke.
Non funziona
come in Italia. Ci sono salette private con televisore e microfoni. Si paga un
ingresso che può includere cibo e bevande. Il nostro ticket includa stuzzichini
e birra a volontà. Meglio presentarsi a stomaco vuoto. Per chi ha consumato i
dischi di tutti i gruppi rock del mondo che, almeno una volta sono venuti a
suonare in questo paese e dal palco del Budokan hanno salutato il loro
pubblico, è sempre stato un sogno, ora realizzabile, urlare in un microfono
giapponese: “Hello Tokyoooooo!”
Il quartiere
di Shibuya è uno dei centri alla moda
per giovani di Tokyo. Qui girano numerose Koga, le ragazze semi-ribelli che
mostrano un’abbronzatura eccessiva, vestiti da daltoniche impazzite, tinte
allucinanti e a volte anche trucco bianco (per risaltare sul nero). All’uscita
della JR in Shibuya c’è la statua del cane Hachiko, il fedele cane giapponese che
negli anni ‘20 e ‘30 tornava ad aspettare il padrone alla stazione nonostante
questi fosse morto. La sua statua è punto di ritrovo della gioventù locale.
La piazza di
fronte all’uscita di Hachiko è forse la più famosa di Tokyo, con l’immenso
incrocio pedonale e i palazzi futuristici le cui finestre sono anche dei
maxi-schermi.
Per gli otaku
c’è anche un fornito negoziodella Mandarake (se non si ha paura ad andare 3 piani sottoterra).
Vistiamo
anche Asakusa, uno dei pochi quartieri storici rimasti in Tokyo dove si può
vedere qualcosa di anticamente giapponese. Per lungo tempo è stato centro di
divertimenti, ma dopo la guerra è iniziato un lungo declino, ben descritto nel
libro di Takeshi Kitano “Asakusa Kid”. Da Asakusa ci si può imbarcare su un battello http://www.suijobus.co.jp/ che
porta ad Odaiba
passando sotto diversi ponti colorati. Capitiamo qua una domenica durante una
specie di sagra giapponese, o meglio una festa religiosa buddista con di bancarelle di tipici oggettini giapponesi e cibarie di ogni tipo.
Il quartiere di Gynza non ci
dice molto, è un’area
commerciale di lusso, con diversi grandi magazzini, boutiques, ristoranti e
caffè. Qui si trovano tuti i brand più alla moda e non fa per noi.
Non entriamo in nessun bar o cafè o simili (forse non
esistono!) perché ogni poco ci sono dei superdistributori automatici di tutti i
tipi di bibite fredde e calde esistenti.
Non esistono cestini per
l’immondizia. A proposito è davvero impressionante, data la quantità di pedoni
circolanti, non vedere a terra nemmeno una carta di caramella o una cicca di sigaretta (spiegabile dal
fatto che in molte strade è vietato fumare, pena una multa salata, mentre è
possibile farlo negli ambienti chiusi dotati di sistemi di areazione
potentissimi). Anche noi ci adattiamo al trend,
portando con noi (forse per sempre) lattine vuote e decidendo di masticare per
tutto il pomeriggio una gomma che non sa di niente.
Ogni
tanto ci prendiamo una pausa "pulizia occhiali", utilizzando apposite macchinette lavanti,
asciuganti e lucidanti situate presso i negozi di ottica.
Purtroppo
non riusciamo a visitare il Museo di Miyazaki, per il quale è necessario
acquistare il biglietto con largo anticipo. I
biglietti in Italia si possono comprare tramite http://www.jtbitaly.eu/appunti-mda.php.
Il matrimonio di Giulio e Asami viene celebrato al MeijiJingu.
E’ un tempio Shinto dedicato all’imperatore Meiji e
alla moglie Shoken morti rispettivamente nel 1912 e 1914. Dopo la loro morte la
gente ha voluto commemorarli donando e piantando alberi per creare questa zona
boscosa di 700,000 m2 con 170.000 alberi di 245 specie.
Il tempio è affascinante e sintetizza intime
riflessioni e slanci di condivisione.
Come prima cosa si fanno le prove per la
cerimonia, in cui una sacerdotessa alquanto severa spiega agli invitati
occidentali il comportamento da tenere durante il rito; ovviamente i più
capiscono poco o niente, ma con la naturale predisposizione all’improvvisazione
tipica degli italiani si riescono ad evitare figuracce, sterzando verso l’aspetto
ironico e risultando simpatici. La cerimonia è solenne, ma al tempo stesso
divertente, sicuramente non noiosa come la maggioranza dei matrimoni italiani.
Vi sono gli strumenti musicali della tradizione ed ogni gesto riporta ad
atmosfere antiche; si percepiscono la spontaneità e la sincerità nel trascinamento
millenario del rito, non è un tentativo di ricreare fasulle ambientazioni o
sceneggiature e tutto è assai concreto e reale, se non fosse per la massiccia
presenza di "strane" persone venute da lontano, nessuno riuscirebbe a
contestualizzare temporalmente l’evento. Anche il momento delle foto di gruppo
si preannuncia come la rigorosa organizzazione di una importantissima
operazione militare e svacca in fragorose risate anche da parte dell’inizialmente
rigorosissimo colonnello-fotografo.
Al ristorante il clima si distende non poco,
ma anche durante un pranzo si possono osservare nella gestualità degli
impiegati del ristorante comportamenti tradizionali e l’attenersi ad un
rigoroso codice. Il menù proposto è completo e raffinato, ma la vera chicca è
la modalità adottata nel servire da bere, tutto e subito. In meno di 30 minuti
ogni commensale si ritrova davanti un numero imprecisato di bicchieri contenenti
tutte le bevande alcoliche previste dal pasto (dal vino rosso allo champagne al
sake al wishky).
Così il commensale si ritrova a bere come un bufalo che
attraversa una landa polverosa e finalmente giunge ad una pozza imprevista e
sognata.
A questo punto i giapponesi che, inizialmente
sembravano assecondare i codici di comportamento integerrimo, si comportano come
bambini selvaggi a cui è stata fatta annusare la carta di un boero e si capisce
che i giapponesi hanno la capacità di reggere l’alcol simile a quella di una
monaca di clausura.
Blog sul libro di Giulio Motta "La tristezza del petto di pollo nipponico" http://pollonipponico.blogspot.it/
Sito dell'ente nazionale del turismo giapponese in italiano: http://www.turismo-giappone.it/.
Sito con info molto utili sulla città di Tokyo in inglese: http://www.japan-guide.com/e.